Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
[1282] | del vespro siciliano. | 193 |
per tragetti e alpestri sentieri i monti a ridosso alla città, da quella banda non istretta per anco da’ nemici, di notte appresentaronsi alla Capperrina; e riconosciuti i condottieri, e con grande allegrezza raccolti, spiegavan su i muri lo stendardo reale d’Aragona1.
Già fin dal primo arrivo degli ambasciadori, teneano i nemici novello consiglio, a disputare non più dell’assalto o blocco della città, ma della lor propria salvezza. Perciocchè sapendo per sicura spia uscite dal porto di Palermo molte galee sottili armate di Catalani e Siciliani, Arrighin de’ Mari, ammiraglio di Carlo, rimostravagli vivamente non potersi difendere; in tre dì sarebbegli addosso il nemico ad affondare e bruciare i trasporti2. Quant’aspro il caso, apparvero diverse allora le menti. Affrontar la flotta ad un tempo, e correr sopra il re d’Aragona: accamparsi in alcun forte sito presso la città co’ balestrieri mercenari, accomiatando le milizie feudali: prender pria de’ nemici i passi de’ monti: star all’assedio tuttavia con l’esercito intero, finchè consumasser la vivanda, che n’avean anco per due mesi; tra disegni sì fatti vagavano i parlatori più feroci. Pandolfo conte d’Acerra, e molti con lui, mostran all’incontro dileguata ogni speranza di ridur la città con quell’esercito scoraggiato, stracco, assottigliato per morbi
- ↑ Nic. Speciale, lib. 1, cap. 17.
Montaner, cap. 62, il quale dice mandati in Messina dal re 2,000 almugaveri. Di questa milizia farem parola nel cap. IX. - ↑ Gio. Villani, lib. 7, cap. 74, seguendo Giachetto Malespini, cap. 212, e portando com’esso il numero delle galee siciliane e aragonesi a sessanta. Questo è manifestamente esagerato secondo gli umori guelfi di que’ cronisti; perchè si vedrà nel capitolo seguente come Pietro, dopo ch’ebbe armato le galee di Messina, non potè mettere in mare che cinquantadue galee.
Cron. della cospirazione di Procida, pag. 272, 273, con l’errore, che Loria fosse l’ammiraglio aragonese, e che Arrighino mostrasse non aver tanti legni da fronteggiare il nemico. Egli avrebbe detto una evidente bugia, essendo di gran lunga più forte l’armata di re Carlo, come si ritrae bene dal capitolo seguente.