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188 | la guerra | [1282] |
Luna, e Guglielmo Aymerich, giudice di Barcellona, con giusta scorta d’armati1.
Per due frati carmelitani domandaron costoro salvocondotto a re Carlo2; il quale sognando potere in brev’ora parlar da vincitore, ai frati rispondea darebbelo a capo a due dì; e comandava quel generale assalto del quattordici settembre, che gli tornò sì funesto. Al secondo dì dalla battaglia, ancorchè giacesse in letto, tutto rappigliato, spossato, affranto, arso d’infermità e peggio di rabbia3, assentì a veder gli ambasciatori, che già venuti al campo, e cortesemente raccolti con grossiera ospitalità, sotto guardia strettissima aspettavano4. Ammesso Queralto dinanzi al re sedente in letto su ricchissimi drappi di seta, presentò le credenziali; e Carlo a lui, troncando le cerimonie: «Alla buon ora di’ su;» e datagli un’altra lettera di Pietro, senza guardarla, gittavala sulle coltri; ardea tutto d’impazienza
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- Nic. Speciale, lib. 1, cap. 16 e 17.
- Bart. de Neocastro, cap. 45.
- Anon. chron. sic., cap. 41.
- Saba Malaspina, cont., pag. 379.
- D’Esclot, cap. 92.
- Montaner, cap. 61 e 63.
- Giachetto Malespini, cap. 212.
- Gio. Villani, lib. 7, cap. 70.
- Cron. della cospirazione di Procida, pag. 271.
Il consiglio di affamar Carlo mandando la flotta aragonese, è dato a Giovanni di Procida dal Malespini, dal Villani, e dalla Cronaca della cospirazione. - ↑ D’Esclot, cap. 92.
Bart. de Neocastro, cap. 45. - ↑ Bart. de Neocastro, ibid.
Saba Malaspina, cont., pag. 380. - ↑ D’Esclot, loc. cit., descrive l’albergo dato in una chiesa, senza letti, nè coltri, se non che trovaron fieno a ufo; e la imbandigione di sei pani bruni, due fiaschi di vino, due maiali arrosto, e un caldaio di minestra.