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Ristretti in questo mezzo col re i più intinti nella rivoluzione, e tutti gli esuli del regno di Puglia, affollantisi pieni di speranza alla nuova corte, deliberavan sulle fazioni da imprendere contro il nemico1. Del che eran tanto più solleciti, quanto ne’ privati ragionari si mormorava già la trista sembianza della gente catalana; male in arnese; lacera e abbronzata ne’ travagli d’Affrica; ondechè i nostri poc’aiuto la estimaron dapprima contro i cavalier francesi, nè se ne sgannarono che ai fatti2. E però avvisatisi di far assegnamento sulle lor sole braccia, e su’ militari consigli del re, ansiosamente chiedeano i Siciliani d’esser condotti a Messina; che a tutti tardava liberar la generosa città3. Pietro usando questo ardore, allor mandò intorno la grida: che tutt’uomo da’ quindici anni a’ sessanta si trovasse in Palermo entro un mese, armato, e con vivanda per trenta dì4. Ed ei con molta prestezza con le milizie più spedite mosse per la strada di Nicosia e Randazzo; seguendolo, ciascuna come potea, le altre schiere che s’ivano adunando: e fece veleggiare il navilio alla volta del Faro. Manifesto disegno era dunque affamar Carlo nel campo, tagliandogli per mare le comunicazioni con la Calabria, e su pei monti ogni via a foraggiare nell’isola; il qual consiglio appone a Giovanni di Procida chi il fa protagonista della tragedia del vespro. Con certezza istorica si sa che Pietro, disposte così le forze, bandiva solennemente la guerra; e a Carlo a quest’effetto spacciava Pietro Queralto, Ruy Ximenes de

  1. Saba Malaspina, cont., pag. 379.
  2. D’Esclot, cap. 91.

    Montaner, cap. 64, dicon ciò; il primo de’ Palermitani, il secondo de’ Messinesi.
  3. Nic. Speciale, lib. 1, cap. 16.
  4. Montaner, cap. 62.

    D’Esclot, cap. 92, dice data la posta a Randazzo.