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172 | la guerra | [1282] |
Cagione della debolezza del governo preso nella rivoluzione. Si pensa
a Pier d’Aragona. Sua partenza di Catalogna per Affrica; fatti
militari; ambasceria a Roma. Parlamento in Palermo, che sceglie Pietro
a re. Com’ei guadagna gli animi de’ suoi, e accetta la corona. Viene a
Trapani. È gridato re in Palermo. Disposizioni per soccorrer Messina;
oratori di Pietro a Carlo; ultimi fatti d’arme nell’assedio. Carlo sen
ritrae con perdita e onta. Giugno a settembre 1282.
Degno argomento è di considerazione come venendo re Carlo sopra la Sicilia, debolmente qui si reggesse lo stato, poco appresso rivoluzione sì violenta, e mentre le municipalità vigorosamente operavano. Perciocchè in queste gli uomini, vedendosi in viso, s’intendean tra loro molto vivamente ne’ bisogni comuni; e i capitani e i consigli di popolo lor forze drizzavano a pronti fatti. Ma nella nazione, i parlamenti gridando il nome della Chiesa s’eran rimasti dal creare una signoria, o, come oggidì suona, potere esecutivo; e indi mancava nel maggior uopo la virtù del comando. Non ebbela il parlamento, perchè non si fe’ permanente; e perchè d’altronde la riputazion dello stato, passando in questo tempo dai popolani ne’ nobili, nell’atto del mutamento non era forte in alcuno. Dapprima, il dicemmo, tutto fu brio di repubblica, e ordini democratici. Poi, dileguandosi quella spinta, la parte baronale preponderò, per l’avvantaggio delle sostanze, e le consuetudini degli uomini; e perchè all’ostil contegno di Roma, agli armamenti di re Carlo, il popolo non pensò più a tenere il governo dello stato, ma soltanto a fuggir l’empio giogo; onde affidossi a coloro che sopra ogni altro parean savi e possenti. Perciò al primo capitan di Messina succedea Alaimo, e chiamavanlo allo stesso uficio tutte le terre per gran tratto delle costiere di settentrione