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[1282] | del vespro siciliano. | 167 |
steser fino alle chiese le mani ladre; manomisero i sacerdoti; trascinarono al campo il sacro arredo, la croce, la effigie della divina madre, e li barattarono vilmente1: atti d’impotente furore, che dovean mostrare a’ più veggenti come Carlo disperasse già dell’impresa.
Acerbe novelle conturbavano l’animo di Carlo: venuto d’Affrica con forte stuolo di navi Pier d’Aragona; cintagli in Palermo la corona del reame; gli animi de’ Siciliani avvalorarsi; adunarsi le forze; riguardare all’assediata città, che non fiaccavasi nè per insulto di guerra, nè per fame. A un assalto pertanto si deliberò, universale ed estremo2. Era il quattordici di settembre. Allo schiarire del dì, appresentossi l’oste a cerchio, dal piano, dal monte in ordinanza, con macchine e infiniti ordegni; splendenti in lor armature cavalcano per le schiere i baroni; Carlo esorta i suoi a combatter no, sclamava, ma a far macello de’ vili borghesi. A un tempo l’armata con una tramontana gagliarda, a golfo lanciato investia la bocca del porto; ed era primo in fila uno smisurato naviglio, pien d’uomini e di macchine, guernito di cuoia contro i fuochi, il quale col possente urto spezzasse
- ↑ * Bart. de Neocastro, cap. 41.
- Saba Malaspina, cont., pag. 371-72-73.
- ↑ Nic. Speciale, lib. 1, cap. 14.