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[1282] | del vespro siciliano. | 165 |
porgere il collo al manigoldo perch’abbia clemenza! Quante ore dura la clemenza di Carlo? Lungi da noi cuor di selce, torti ingegni, insidiose lingue: voi ne vendeste al Francese; ci riscattammo con l’arme noi; ed or che vi offriamo temperata signoria della bella Sicilia, la schifa Martino, e si fa mezzano al Francese, non vicario del Cristo di mansuetudine e amore. Oh temete, temete la giustizia del Cristo! E tu riedi al tiranno angioino, per dirgli che nè lioni nè volpi mai più entreranno in Messina!» Allibito al minaccevole aspetto del popolo, frettoloso uscia Gherardo; scomunicata pria la città; e ingiunto a tutti chierici che in tre dì ne sgomberassero; ai rettori del comune, che in quaranta dì comparissero a corte del papa1.
Tacqui d’una epistola di Martino, che Giachetto, il Villani, e la Storia della cospirazione portan come letta da Gherardo a’ Messinesi, non riferita punto dagli scrittori degni di maggior fede, e zeppa d’ingiurie, fuor dal sonante stile della romana curia, da’ concetti della bolla che deputava Gherardo, e dall’oprar tutto del papa e di Carlo in que’ primi tempi. Fabbricata la giudico perciò da’ detti autori, che mal intrecciano, com’altrove notai, queste istorie del vespro. Nè meglio regge l’altro supposto2, che Gherardo suggerisse a Carlo d’assentir l’accordo con Messina,
- ↑
- Bart. de Neocastro, cap. 41.
- Saba Malaspina, cont., pag 370-71.
- Gio. Villani, lib. 7, cap. 66 e 67.
- Giachetto Malespini, cap. 211.
- Cron. della cospirazione di Procida, pag. 267.
- Nic. Speciale, lib. 5, cap. 9.
- ↑ Gio. Villani, lib. 7, cap. 66.