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160 | la guerra | [1282] |
Perciò rimanendosi alla espugnazione dei posti più avvantaggiosi di
fuori, il dì sei agosto movea possente stormo contro il monistero del
Salvatore, chiave di quell’assedio, per tener la bocca del porto.
Cento Messinesi il difendeano: i quali nè sbigottiti dal numero degli
assalitori, nè scossi dal battito della prima affrontata, fieramente
combattendo dalle soglie e da’ muri, li ributtarono; tantochè Alaimo
venia con freschi combattenti dalla città: e allora più aspra
mescolandosi la battaglia, con morti ed onta si ritrasse alfine il
Francese. A questa prima vittoria l’animo de’ cittadini oltremodo si
rinfrancò. Indi il dì otto, con pari fortuna fu combattuta maggior
fazione al monte della Capperrina; il quale signoreggiando la città da
libeccio, l’avea fortificato Alaimo di steccato e fosso e giusta
guardia d’arcieri. Or avvenne ch’essi, come nuova milizia, quel dì a
un rovescio di gragnuola e di pioggia spulezzaron da’ posti; onde i
Francesi e i Fiorentini, colto il tempo, pronti saliano per gli
uliveti, e guadagnavan già l’erta. Seppelo Alaimo; comprese ch’a un
altro istante era perduta Messina; e di tutto fiato si lanciò alla
riscossa, traendo con sè il popolo: e urtò; e ripigliò il ridotto; e
in faccia a’ nemici affranti per molta strage, caduta già la notte, a
lume di fiaccole risarcir fe’ le barrate. La notte del Campidoglio fu
questa a Messina. S’eran gli ufici ordinati per tal modo nella città,
che scritti in drappelli, dì e notte s’avvicendasser gli uomini a
vegliare in scolte e poste; girassero in pattuglie le donne.
Ritentando i Francesi a notte scura l’assalto della Capperrina,
superati chetamente i ripari, abbattonsi in una delle donnesche
guardie.