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del vespro siciliano. |
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quali a dì ventiquattro giugno, con cinquecento cavalli e mille
pedoni, sur una sessantina di barche salpavano dalla Catona. Contro
tal forza, e cento altri legni che si vedean surti alla spiaggia, il
capitan della città non volle mettere a rischio la sua poca armata, ma
piuttosto sull’asciutto far testa. Frettoloso armò dunque cinque cento
cavalli, e grosse bande di fanti; co’ quali, poichè la flotta francese
girava il capo, ei valicò i colli della Peloriade, e lunghesso la
settentrionale riva, a Milazzo conducea le genti, come i nemici a
quella volta pur via navigavano. Molte miglia da Messina si dilungan
così i nostri; non usi all’andar in ischiera; trafelanti dal caldo,
dalla via, dal peso dell’armi, ciascun dassè, sparsi chi a cercar
ombre o acqua, chi a chiamare ad oste i contadini: quando presso il
canneto di San Gregorio, alla fonte d’Aleta, il nimico vedendoli sì
mal presi tra quelli scogli, d’un subito approda. Baldovino pensava
sostare, e, raccolti gli sbrancati, mandare per rinforzo a città; ma
dandogli sulla voce Arrigo d’Amelina per nimistade privata, tutti
appigliaronsi al partito che parea più generoso. Audaci sì, ma radi e
stanchi, investono il nimico: il quale ordinato e fresco, li sbaragliò
al primo scontro. Quell’Arrigo stesso d’Amelina, Anfuso de Camulio,
Bertoldo Alamanno, Pietro Cafici, cavalieri; Bartolomeo Mussone,
Martin di Benincasa, Abramo d’Ambrosio, Niccolò Rosso, e di minor nome
mille a un di presso, nella zuffa o nella fuga fur morti. Assai
n’andar anco prigioni; tra’ quali notan le istorie i nomi di Roberto
de Mileto cavaliere, che perì ne’ ceppi francesi, e d’Arrigo Rosso
mercatante, ricattatosi per mille once d’oro dopo la fine
dell’assedio1.
- ↑ * Bart. de Neocastro, cap. 33, 35, 36.
- Nic. Speciale, lib. 1, cap. 5.
- Gio. Villani, lib. 7, cap. 66.
Dei quali il primo porta 500 cavalli e 5,000 fanti su 35 tra teride e galee; il secondo con maggiore verosimiglianza, 1,000 uomini su 60 navi; e l’altro 800 cavalieri e più pedoni.
Saba Malaspina, cont., pag. 373, porta 500 cavalli e 1,000 pedoni, ma riferisce questa fazione come avvenuta dopo il cominciamento dell’assedio di Messina. In questo s’accordan con esso Gio. Villani, e la Cron. della cospirazione, loc. cit., pag. 266.
A me è parso, quanto al tempo, seguir Neocastro e Speciale, sì per esser nazionali, e sì perchè non è probabile che i Messinesi quando furono assediati da tanto esercito, volessero o potessero mandar gente alla difesa di Milazzo.
I documenti che è venuto fatto di trovare ai tempi presenti, aggiungono molta fede all’autorità del Neocastro e dello Speciale, attestando irrefragabilmente molti particolari riferiti da loro. Tale il riscatto di Arrigo Rosso, di cui il Neocastro. Si ritrae dal diploma ch’io pubblico nel docum. XII, e da un altro dato di Avellino il 26 marzo 1284, che al par di moltissimi altri citerò senza pubblicarlo, per non raddoppiar la mole di questo libro, che non è codice diplomatico. La somma di tal diploma del 26 marzo, tratto come il primo dal r. archivio di Napoli, reg. 1283, A. fog. 125, a t. è questa: «per misericordia» abbiam liberato Arrigo Rosso da Messina, preso nel conflitto di Milazzo: egli ha domandato quetanza dall’amministrazione della Segrezia di Calabria che un tempo maneggiò, ed ha offerto a ciò mille once: accettiamo il danaro, e accordiam la quetanza.
Ma notisi che l’ordine della liberazione è dato il 29 marzo, e la quetanza per le mille once il 26, nella quale si dice, per salvar le apparenze, essersi già messo in libertà il prigioniero. Il ripiego fu trovato naturalmente perchè non volea confessarsi riscatto per un cittadino non preso, come credeano gli angioini, in giusta guerra, ma ribelle colto con le armi alla mano.