Io credo aver dimostrato che il vespro non nacque da alcuna congiura;
ma fu un tumulto al quale diè occasione l’insolenza de’ dominatori, e
diè origine e forza la condizione sociale e politica d’un popolo nè
avvezzo nè disposto a sopportare una dominazione tirannica e
straniera. I novelli documenti che possono sparger luce su l’origine
della rivoluzione, la lettera dello stesso Carlo, quella de’
Siciliani, non poche altre bolle papali inedite, confermano certamente
questa conchiusione. Al suo popolo, non ai potenti, la Sicilia dee
quella rivoluzione che nel secol XIII la salvò dalla estrema vergogna
e miseria, dalla corruzione servile, dall’annientamento. Al vespro di
Sicilia dee il reame di Napoli una riforma di governo, che moderò per
qualche tempo i suoi mali, ma non potè poi allignare. Il vespro
risparmiò a tutta l’Italia molti fieri contrasti con la dominazione
angioina, che potea conturbare la penisola, non mai ridarla sotto uno
scettro: il vespro, per tristissimo compenso, aprì in Italia la strada
alla dominazione spagnuola. Esso voltò il corso degli avvenimenti in
Levante, disarmando l’ambizione di Carlo: esso per poco non mutò le
sorti dell’Europa occidentale, dando occasione alla prima guerra di
conquista tentata dalla Francia su la penisola spagnuola. Ma lasciando
di considerare le conseguenze esteriori del movimento di questo
popolo, che or somma a due milioni, e non n’era forse la metà nel
secolo XIII, e restandoci agli effetti nella Sicilia stessa,
importantissimi li vedremo; perchè la rivoluzione che mutò prima la
forma del governo, poi la dinastia, indi la persona del principe,
rimasta salda e vittoriosa al finir della guerra, tramandò alle età
avvenire, in mezzo a tanti mali inevitabili, due fatti da non si
dileguare sì tosto: una gran