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[1282] | del vespro siciliano. | 121 |
contro re Carlo e suoi governi; e la rimembranza del duro fren degli Svevi; e per lo contrario quella sì gradita della libertà del cinquantaquattro; e l’esempio delle toscane e lombarde repubbliche; e il rigoglio di possente cittade, che infranto da sè stessa il giogo, nella propria virtù s’affida. Il nome della Chiesa s’aggiunse a disarmar l’ira papale, o piuttosto a tentar l’ambizione, o ad onestar la ribellione sotto specie che scacciando il pessimo signore immediato, non si violasse lealtà al sovrano onde quegli teneva il regno. Ruggier Mastrangelo, Arrigo Barresi, Niccoloso d’Ortoleva cavalieri, e Niccolò di Ebdemonia, furono gridati capitani del popolo, con cinque consiglieri1. Al
- ↑ Bart. de Neocastro dice Mastrangelo capitano con parecchi consiglieri. Questi furono, Pierotto da Caltagirone, Bartolotto de Milite, notaio Luca di Guidalfo, Riccardo Fimetta milite, e Giovanni di Lampo. I quali nomi e quei degli altri tre capitani di popolo, si leggono nel diploma riportato, Docum. IV.
Questo diploma, inedito e poco o niente conosciuto, ci mostra anche il principio della federazione tra le nascenti repubbliche siciliane, e la forma del novello governo municipale di Palermo.
Il bajulo, negli ordini normanni e svevi, era il magistrato d’ogni comune, con giurisdizion civile, e carico della riscossione delle entrate regie, e di quella che in oggi si dice amministrazione civile. Nell’esercizio della giurisdizione l’assisteano uno o più giudici. Su le faccende più rilevanti, deliberavano talvolta i cittadini adunati a consiglio. Nella rivoluzione, preso dal popolo il poter politico, la parte esecutiva s’affidò a quegli stessi capitani di popolo che l’imperator Federigo avea vietato tanto severamente, e ad alcuni consiglieri. In fatti la proposta della lega con Corleone è fatta a questi nuovi magistrati, stando presenti soltanto il bajulo e i giudici; ma questi ultimi poi nella stipolazione dell’atto federativo che contenea anche reciprocità di franchige dalle tasse municipali, non restarono spettatori oziosi, nè intervennero per la sola forma come il notaio e i testimoni, ma insieme col capitano e i consiglieri, e tutti a nome e per mandato del popolo, fermarono i patti, e giuraronli. Anzi i loro nomi sono scritti immediatamente dopo que’ de’ capitani e prima de’ consiglieri. Donde è chiaro che nell’affidarsi il novello potere a’ nuovi magistrati, si lasciò agli antichi il maneggio della parte amministrativa, perchè era tempo da pensare ad altro che a riforme di questa natura.
Del capitan del popolo di Palermo dopo il vespro, d’Esclot non dice il nome, ma che fu un cavaliere savio e valente. Saba Malaspina nomina il Mastrangelo, che forse fu il principale, ed ebbe tutta la riputazione. Montaner lo confonde con Alaimo da Lentini.