dagli
stranieri per forza, o prezzo, o seduzione di vanità e di fortuna. Era
stampato in tutti gli animi inoltre quel Carlo, brusco, vecchio,
avaro, crudele, spregiator d’ogni dritto, alla Sicilia nimicissimo. Il
viver di violenza, in sedici anni avea potentemente operato
sull’indole niente morbida del sicilian popolo, e n’avea tramutato le
sembianze. Di festevole si fe’ tetro: increbbero i conviti, i canti,
le danze: «e mute pendeano (scrissero i Siciliani poscia a papa
Martino ) pendean mute l’arpe dal caprifico e dal salice
infruttuoso.»--«Febbrili battean tutti i polsi, dice un’altra
rimostranza del misero popolo; dubbiosi scorreano i giorni, ansie le
notti, e fino i sogni conturbati dalle minacciose sembianze degli
oppressori; nè viver si potea, nè pur morire tranquillo.» Quel poetico
brio degli animi siciliani, a cupa meditazione die’ luogo, a
tristezza, a vergogna, a nimistà profonda, a brama ardentissima di
vendetta. Feroci passioni, che propagaronsi da chi soffriva le
ingiurie in sè, a chi le vedea solo in altrui; dalli svegliati a’
tardi; dagl’iracondi ai miti; dagli animosi a’ dappoco; e invasarono
ogni età, ogni sesso, ogni ordine d’uomini. La foga delle passioni
private, l’abbaco de’ privati interessi, tacquero un istante, o
anch’essi drizzaronsi a quel fitto universal pensiero; più possente di
ogni macchina di congiura, perchè spregia il vegliar sospettoso de’
governanti, e li soperchia a cento doppi di forze1. Così entrava in
Sicilia l’anno milledugentottantadue. Alcuni cronisti, pargoleggiando
col volgo, notavano, che di febbraio, mentr’era papa Martino in
Orvieto, una foca presa alle spiagge di Montalto, e portata a corte
del
- ↑
- Nic. Speciale, lib. 1, cap. 2 e 4.
- Epistola de’ Siciliani a papa Martino, nell’Anonymi Chr. sic., cap. 40, l. c.
- Bart. de Neocastro, cap. 13.
- Docum. VII.