al tutto. Che tra Pietro e ’l Paleologo si maneggiasse un trattato per togliere a Carlo il
reame di Sicilia, il tengo io certo, per quel che disse e fece poi
contro ambidue papa Martino; e perchè Tolomeo da Lucca afferma aver
veduto l’accordo; essere stato trattato da Giovanni di Procida e
Benedetto Zaccaria da Genova, con altri Genovesi dimoranti in terra
del Paleologo; e aver questi fornito danari allo Aragonese1. Le trame con alcuni baroni di Sicilia, non rafforzate di valida autorità istorica, il replico, probabili mi sembrano, ma non certe. Falso è che la pratica, si strettamente condotta, fosse a punto riuscita a produrre lo scoppio del vespro; perchè questi compilatori della congiura ci
pongon fole da romanzo, e imbattonsi in cento errori manifesti; perchè i successi discordan dalla supposta cagione; perchè gli scrittori più
autorevoli il tacciono, come nel capitol seguente diremo, e più
largamente nell’appendice. Vagliate tutte le memorie de’ tempi tornano
a questo: che Piero agognava alla corona di Sicilia: che s’armava: che
praticò per aiuti di danaro con l’imperator di Costantinopoli,
minacciato da re Carlo; che Procida fu tra i suoi messaggi: che si
tramò forse con alcun barone siciliano: ma che maturavano e
preparavano tuttavia, quando il popolo in Sicilia proruppe. In questo
intendimento al fil della istoria io torno; il quale non si smarrisce
per la dubbiezza di quelle pratiche tenebrose, che nella rivoluzione
punto o poco operarono2.
- ↑
- Tolomeo da Lucca, lib. 24, cap. 4, in Muratori, R. I. S. tom. XI, pag. 1186-87.
- Pachymer, lib. 6, cap. 8, parla di una grande alterazione nella moneta d’oro fatta in questo tempo dal Paleologo, per fornir sussidi agli Italiani.
Che i Genovesi mischiassersi molto a favore di lui, l’attesta Caffari negli Annali di Genova, Muratori, R. I. S. tom. VI, pag. 576, ove è detto che i Genovesi mandarono una galea a posta al Paleologo per avvertirlo degli armamenti di re Carlo.
- ↑ Veg. l’appendice.