[1277-81] |
del vespro siciliano. |
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anno della esaltazione di
Niccolò III, ancorchè in picciol reame più magistrato che principe,
uom di mente e d’animo grandissimo era. Divisa la Spagna in quel tempo
in parecchi stati: alcuno ne teneano i Mori; gli altri, riconquistati
da’ cristiani, con larghi ordini reggeansi, misti di monarchia,
d’ottimati e di popolani, convenienti a liberi uomini, che per la
nazionale indipendenza e la religione, mille pericoli avean durato
insieme e duravano. Riconoscean lo stesso principe i reami di Aragona
e Valenza, e la Catalogna o contea di Barcellona, ma la sovranità
pressochè tutta dalle corti di ciascuno di quegli stati esercitavasi;
composte di prelati, baroni, cavalieri, e rappresentanti di città;
altere di lor franchezze; scienti della propria possanza. Somigliante
agli efori di Sparta stava in Aragona a petto a petto col re
l’inviolabile _Justiza_; il quale a nome dei baroni giuravagli il dì
del coronamento: «Essi che valeano ciascun quanto il re, tutti insieme
assai più di lui, ubbidirebbergli se lor franchezze mantenesse; e, se
no, no1.» Indi alti spiriti nei soggetti, miti costumi eran quivi
nei re; sopra tutt’altri di que’ tempi, facili alle udienze,
dimestichi, senza riti di sussiego o sospetto, compagnevoli, e
umani2. Con questi
- ↑
- Ved. Surita, Ann. d’Aragona.
- Blanca, Comment. rer. Aragon.
- Mariana, Storia di Spagna.
- Robertson, Vita di Carlo V. Introd. sez. 3, note 31, 32.
- ↑ Montaner, cap. 20, vivamente rappresenta che i re di Aragona viveano assai familiari co’ loro sudditi, con giustizia ed affabilità. Ma in fatto sotto questo linguaggio accenna le libertà del paese, dicendo che ognuno era sicuro della proprietà e persona: e perciò «i Catalani e gli Aragonesi sono più alti di cuore, vedendosi così trattati a lor modo; e nessuno può esser valente uomo di guerra se non è alto di cuore.» Aggiugne, che ognuno a suo piacere fermava per via i re, e parlava ad essi, o li invitava a nozze, o desinari, e ch’essi sovente albergavano nelle case private.