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lippo prevedendo la mala piega delie cose fiorentine, le quali sempre più precipitavano a sfrenata rivoluzione, era andato a Lione sotto colore di riordinare gli affari suoi di commercio e di banca, ma nel fatto per evitare la vicina procella, che egli, poco fidente nella fazione democratica, non sentivasi inclinato ad incontrare. La nuova Signoria, ben lungi dall’avere verso i Medici quel riguardo, ben lungi dal mostrare quel desiderio di riconciliarsi con loro, che a Niccolò Capponi era costato la sua carica, esponendolo a non meritata persecuzione, dichiarò tutte le proposte papali essere altrettante trappole, e volle frattanto ritenere Caterina come ostaggio. Dal convento di Santa Lucia era stata costei trasferita, innanzi la morte di Clarice, nel convento a quello vicino di Santa Caterina da Siena; il quale nei tempi posteriori fu, al pari delF altro, soppresso, e la fabbrica destinata ed altri usi. Entrata essendo in quel convento la malattia contagiosa, la quale per diversi atìni, ora più ora meno violenta, infestava Firenze ed i suoi contorni, la sera dd 7 di decembre 1527 l’ambasciatore francese, signor di Velly, consenziente la Signoria, ne tolse la Duchessina, e la portò velata nel convento della Santissima Annunziata delle Murate; dov’ella dovea rimanere fino a disposizione ulteriore.** Il nome di quel convento. Le Murate ^ ben si addiceva ad una custodia siniile à prigionia.