Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
Effetto fotoelettrico | 231 |
ad essa, acquistano una tale forza viva da riuscire a vincere la forza che li trattiene sul conduttore e forse anche nell’atomo, e vengono così lanciati fuori. Il fenomeno si studia nel vuoto perchè gli elettroni non siano facilmente arrestati dal dielettrico.
In una cella vuota si dispone una specie di condensatore; uno dei due piatti viene illuminato e si studia la corrente che si desta. Si possono così stabilire le relazioni che passano tra la qualità e l’intensità della luce adoperata e l’intensità della emissione che se ne ottiene. È evidente che l’uscita di elettroni dal piatto è facilitata se il piatto è carico di elettricità negativa. Se primitivamente i due elettrodi sono ad uno stesso potenziale zero, l’uscita di elettroni da quello illuminato ha per effetto il formarsi di un potenziale positivo su di esso. Il valore che può raggiungere questo potenziale sarà connesso con la velocità che acquistano gli elettroni uscenti, e questa alla sua volta dipenderà dall’energia della luce incidente.
Si potrà dunque stabilire l’eguaglianza tra l’energia cinetica dell’elettrone e il suo lavoro che esso deve eseguire contro la forza elettrica come condizione limite dell’emissione: sarà cioè
222) |
dove v è la velocità che l’elettrone acquista, e la sua carica, V il potenziale massimo che si può destare nell’elettrodo illuminato.
D’altra parte Einstein con considerazioni teoriche confermate più tardi delle esperienze ha dimostrato che esiste una relazione tra il potenziale V e la frequenza della luce, e precisamente che si può porre
223) |
in cui h e la costante di Planck.