dosi nell’atmosfera, sui monti, e nelle giornate perfettamente asciutte. Questa osservazione fu fatta da Lord Rayleigh fin dal 1871. Fu egli appunto che emise per il primo l’ipotesi che il colore del cielo fosse dovuto ad un fenomeno di riflessione laterale prodotta dalle molecole dell’aria1. Si tratta dunque di un fenomeno analogo a quello di Tyndall. Nel fenomeno di Tyndall, di cui si trae profitto nell’ultramicroscopio, i centri di diffrazione sono granuli di pulviscolo, o piccoli raggruppamenti di molecole nelle soluzioni, ma Lord Rayleigh ha dimostrato che un fenomeno analogo si può avere anche dalle molecole dell’aria. In questa ipotesi la luce del cielo osservata in una direzione normale ai raggi solari deve essere fortemente polarizzata, il che è stato confermato dalla osservazione. La quantità di luce diffratta dalle molecole non può essere che piccolissima, ma questa piccolezza è compensata dal numero grande delle molecole.
Lord Rayleigh seguendo i concetti della teoria elettromagnetica della luce ha anche dato la legge del fenomeno, calcolando il rapporto che deve passare tra l’intensità della luce riflessa dall’atmosfera, e quella dell’irraggiamento solare diretto2. Da questa legge risulta che l’intensità della luce diffusa è diversamente proporzionale alla quarta potenza della lunghezza d'onda, e al numero N di Avogadro. La stessa legge è stata trovata per altra via dal Keesom. Una conseguenza immediata di ciò è che nella luce atmosferica devono abbandonare i raggi di piccola lunghezza d’onda. Basta pensare che i raggi violetti hanno una lunghezza d’onda che è circa 1/2 di quella del rosso e
- ↑ J. W. Strutt (Lord Rayleigh). On the Light from the Sky, etc., Ph. M. v. 41, p. 107 (1871).
- ↑ Lord Rayleigh. On the electromagnetic Theory of Light. Ph. M. v. 12, p. 81 (1881); vedi anche Ph. M. v. 47, p. 375 (1889).