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mise in riposo, continuandogli l’assegno sindacale di 160 ducati al mese, sino a che, come si leggeva nello stato discusso del Comune, non sarà promosso ad una competente carica. Questa promozione non giunse mai, e l’assegno gli fu pagato sino al 1862.

Il breve e agitato periodo costituzionale non portò alcuna innovazione nel Corpo della città di Napoli, ma Garibaldi il giorno 9 settembre 1860 fece tabula rasa di tutto l’antico.1 Garibaldi avrebbe voluto mantenere il principe d’Alessandria, che egli conobbe a Salerno la mattina del 7, e col quale giunse a Napoli, ma il D’Alessandria il giorno dopo mandò le sue dimissioni, ricevendone dal Romano, ministro della dittatura, questa risposta:

Nel nome dell’invitto Dittatore generale Garibaldi, son lieto di poterle manifestare i sentimenti della sua calda simpatia e viva stima pel modo come Ella ha, qual rappresentante del Municipio, provveduto sinora all’amministrazione del medesimo, ed ora alla transizione necessaria dal vecchio ordine di cose al nuovo.

Dolente il Dittatore di non potersi, per l’onorevolissima sua delicatezza, piuttosto unica che rara, continuare a giovarsi dell’opera sua, si riserba di farne tesoro non appena le circostanze glielo permetteranno.

Napoli, 8 settembre 1860.

firmato: L. Romano.


  1. Erano Decurioni della città di Napoli, quando fu promulgato l’atto sovrano del 25 giugno, e continuarono ad esserlo sino al 9 settembre: Giuseppe Onofri, il principe di Roccella, Agostino Piarelli, Antonio Maiuri, Paolo Gonfalone, Raffaele Capobianco, Francesco Cappella, Gonaro Como, Matteo Fossetti, Giovanni Alberto Petitti, Giovanni de Horatiis, Luigi de Biase, Francesco Amato, conte Michele Gaetani, Luciano Serra duca di Cardinale, Francesco Spinelli dei principi di Scalea, Domenico Antonio Vacca, Vincenzo Napoletani, il commendatore Passante, Raffaele Curcio, il principe di Ardore, Giovanni Cianciulli, Antonio Mastrilli, marchese di Selice, Lorenzo Bianco, Stanislao d’Aloe, Luigi de Conciliis, Francesco Bruno, Ambrogio Mendia, Ferdinando Tommasi, Giuseppe Guida. Erano Eletti: per San Ferdinando, Luigi Masola dei marchesi di Trentola; per Chiaja, Alfonso de Giorgio; per San Giuseppe, Carlo Marnili, duca di San Cesario; per Montecalvario, Filippo Patroni Griffi; per Avvocata, Gaetano Altieri; per Stella, Giacomo Monforte; per San Carlo all’Arena, Francesco Parisi; per la Vicaria, Ippolito Porcinari; per San Lorenzo, Eugenio Crivelli dei duchi di Roccaimperiale; per Mercato, Michele Caracciolo, duca di Brienza; per Pendino, Ludovico Maria Paterno e per Porto, il marchese Tommaso Patrizi. I nomi degli Aggiunti è superfluo riferirli.