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dissimili dalle nostre attuali carrozze-saloni. Quella, dove prendeva posto il Re, volgendo le spalle alla locomotiva, era foderata di velluto rosso e non aveva nessun segno distintivo, che indicasse il posto da lui occupato. Stranissima invece fu la carrozza reale, che servì ai primi viaggi sulla linea di Castellamare: era tutta scoperta, come una vettura di via rotabile, con la differenza che non potea chiudersi a volontà come quella. Era foderata interamente di damasco rosso e somigliava un vagone merci, riccamente addobbato: s’immagini un po’ la polvere, onde erano avvolti gli augusti viaggiatori. E nei primi anni nessun vagone per bagaglio o merci doveva intercedere fra la locomotiva e le vetture reali, per maggior sicurezza: soltanto la vettura in cui viaggiava il Re era collocata in mezzo ad altre due.


Dal 1843 al 1869, una volta sola Ferdinando II rischiò la vita in ferrovia, e fu prima del 1848, in una ricorrenza della festa di San Gennaro, quando, dopo aver assistito al miracolo, tornò a Caserta, dove erano stati spediti qualche ora prima i bagagli e sei cavalli storni bellissimi, dai quali fu tirata la vettura, che lo aveva condotto al duomo. Giunto il treno reale a Cancello, prima di entrare nella stazione, il macchinista Antonini, morto nel 1868 in un disastro ferroviario, non s’era accorto che il treno reale entrava in un binario, dove era fermo il treno dei cavalli. Ma il Coppola, capomacchinista, con fulminea prontezza, riusci a fermarlo, tanto da far sfondare con la locomotiva soltanto la parte dell’ultimo carro, dal quale uno dei cavalli scivolò sulla rotaia. Fermato il treno, il Coppola narrò l’accaduto al Re, che se n’era appena accorto. Questi, che sedeva fra i generali Cellammare e Saluzzo, scese subito dal treno, e considerato il pericolo corso, s’inginocchiò a capo scoperto sul marciapiede della stazione, e con tutti i presenti recitò tre avemmaria per ringraziare la Vergine, e una preghiera a San Gennaro, che lo aveva voluto miracolosamente salvo il giorno della festa sua. E rivolgendo la parola al Coppola, lo invitò a recarsi il dì appresso alla Reggia, desiderando rivederlo. L’indomani, il Galizia portò al Coppola, prima che questi si presentasse alla Reggia, una polizza del Banco di trecento ducati, ma questi se ne mostrò poco contento. Il Re, saputa la cosa, lo chiamò, nè il Coppola fu imbarazzato nel confermare il suo scon-