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Benché il genio non avesse avuta occasione di mostrare grande abilità nella costruzione delle linee regie, dove nessuna difficoltà tecnica ebbe a presentarsi, si può affermare con tutta sicurezza, che nessuna linea fu più solidamente e accuratamente costruita di quelle: basti dire, che il riempimento, dopo le paludi che circondano Napoli verso Casalnuovo, fu ottenuto con terreno pistonato dai soldati. Vero è che le rotaie di quella linea avevano bisogno di più solida base, poiché non poggiavano su traversine di quercia, ma erano tenute a posto con forti cunei di legno nei cuscinetti di ghisa, fissati su grossi blocchi di pietra vesuviana. Tale armamento era facilmente smontabile, e se ne ebbe una prova il 15 maggio 1848, quando fu dato ordine al presidio di Capua di far partire immediatamente due reggimenti di fanteria per Napoli. Il generale Cardamone, comandante di quel presidio, diè subito opportune disposizioni al capostazione Marriello, il quale, ardente liberale com’era, e in relazione col Comitato di Santa Maria, mentre preparava i treni per la partenza dei soldati, ebbe il tempo di mandare persona di fiducia al Comitato stesso, suggerendo di smontar prontamente, a qualche chilometro di distanza, un buon tratto di binario. Quattro colpi ben dati ai cunei di legno misero facilmente le rotaie fuori posto. Intanto il primo treno parte, e il Marriello monta sulla macchina per evitare un disastro, se mai il macchinista non si fosse accorto a tempo che le rotaie erano smontate. Difatti nulla accadde, ma i reggimenti non giunsero a Napoli che l’indomani, per la via di Aversa, quando non ce n’era più bisogno. Il Re andò su tutte le furie contro il Marriello, che un po’ conosceva; e quantunque sembrasse calmato quando seppe ch’egli era sulla locomotiva, ne ordinò poscia la destituzione e ci fu anche un processo, che non ebbe seguito. Nel 1860, mutati i tempi, il Marriello divenne capo del movimento sulla stessa linea.
Oltre Pietrarsa, che lavorava per le ferrovie, alla stazione di Napoli vi erano officine per la riparazione e il mantenimento delle locomotive e dei vagoni. Gli operai di queste officine chiesero in grazia a Ferdinando II di costruire una locomotiva, per dimostrare che non la sola Pietrarsa n’era capace. La locomotiva fu costruita e intitolata al Duca di Calabria; e il Re, adoperandola nei suoi viaggi fra Napoli e Caserta, soleva dire che