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rino, ma il tronco fino a San Severino non si aprì all’esercizio che nel 1861. Nello stesso anno fu pure inaugurato l’altro tronco Capua-Presenzano, bene avviato, col resto della linea sino al Liri, quando Francesco II lasciò Napoli. Queste erano le linee regie, cioè costruite, esercitate e amministrate dallo Stato. Avevano rotaie di una bontà inarrivabile, perchè ottenute, laminando le canne dei fucili presi nel disarmo dopo il 15 maggio. Si adoperavano inoltre ottimi materiali inglesi nella costruzione delle locomotive, le quali per molti anni prestarono eccellente servizio. Non vi era insomma lesineria di nessuna specie nella costruzione del materiale mobile e nell’esercizio.

L’inaugurazione del primo tronco fu grandiosa e costituì l’avvenimento di tutta Napoli. V’intervenne la Corte con tutto il mondo ufficiale, e piacemi, a tal proposito, ricordare l’incidente occorso alla signora Cottrau, figliuola di Felice Cerillo, capodivisione al ministero dell’interno. Essa era incinta, e durante la corsa di ritorno dalla Favorita a Napoli, presa dai dolori del parto, si sgravò giunta appena a casa, d’un bel marmocchio roseo, al quale fu dato il nome di Alfredo.1

Le linee regie erano costruite dal genio militare e dirette da uomini di valore, come il Fonseca, il Del Carretto, il Verneau, il Verdinois, l’Andruzzi, alcuni dei quali entrarono poi nell’esercito e nelle amministrazioni italiane. Esse erano anche militarmente esercitate. I soldati del genio facevano da sorveglianti e da cantonieri. Il tracciato piegò, del resto, assai spesso ai capricci del Sovrano e agl’intrighi dei cortigiani. Ogni stazione aveva una storia più o meno confessabile. Espressamente vietati i tunnels, per le occasioni che davano ad immoralità. Si ripeteva il detto del Re, che sulle ferrovie sue non voleva pertusi,2 e difatti in tutta la vecchia linea non ve n’è uno. Ogni stazione aveva una cappella, per dar modo al personale sparso sulla linea di udir la messa all’alba dei giorni festivi. Il servizio pubblico era sospeso nei giorni della settimana santa, e di notte non v’era movimento di treni.


  1. Rivedendo queste pagine, non è senza commozione che ricordo il povero Alfredo Cottrau, morto nel maggio del 1898, non ancora sessantenne. Fu ingegnere di ferrovie e costruttore di molto talento, e fece col lavoro una cospicua fortuna.
  2. Vocabolo dialettale, che vuol dire buchi.