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diceva, tout court, per ora, un’interessante verità archeologica agli studiosi„. Parve strano che nessuno fino allora avesse pensato a cosa tanto semplice ed insieme di così alta importanza scientifica. Gl’invidi barbassori dell’Accademia archeologica e del Museo, gli scrittori delle quotidiane dissertazioncelle sopra anelli, fibole, torsi di statue, ne furono come sconvolti. Il Fiorelli contava trentacinqu’anni appena, e con un colpo di ingegno e di audacia si assideva su tutti. L’istesso don Giulio Minervini, suo amico, ma costante emulo insieme, il quale col suo Bullettino archeologico, già fondato dall’Avellino, avea quasi il monopolio degli studii e delle scoperte antiquarie nel Regno, dovette rendersi banditore del magnifico progetto del Fiorelli, tanto strepitosa fu la scoperta dell’intera topografia pompeiana. Fu il frutto di un pensiero tenace, proseguìto con ostinata continuità. Cosi il carcerato di Santa Maria Apparente e l’ispettore destituito rispose, dopo dieci anni di studii, di stenti e di privazioni, al governo napoletano! Per non uscire dal campo archeologico, ricorderò che i sospetti della polizia napoletana si estesero sino a’ viaggi scientifici del padre Raffaele Garrucci della Compagnia di Gesù, il quale nell’inverno del 1860 dovè rinunziare alle sue escursioni archeologiche nel Napoletano!
La magnificenza e l’alto criterio scientifico del progetto Fiorelli, e il gran valore dell’uomo apparvero nelle loro vere proporzioni, quando vennero a lui affidati gli scavi di Pompei, La ricostruzione scientifica di Pompei, non dissociata da un severo ordinamento amministrativo, rimarrà eterno monumento del suo ingegno. Chi potrà dimenticare la grande impressione universalmente suscitata, quando il Fiorelli, guidato dal suo pensiero della ricostruzione della vita romana, per mezzo di Pompei, riusci a ritrovarvi un mucchio di corpi umani, quali erano 79 anni dopo l’èra di Cristo? Alfonso della Valle di Casanova, scriveva “vedendo interi e rifatti que’ corpi, riportai una delle più forti commozioni ch’io ho provato nella mia vita„.
In Italia, nel 1856, lo studio dell’archeologia, salvo poche e distinte eccezioni, era piuttosto trascurato: scomparivano Secchi, Cavina, Orioli e le file de’ vecchi diradavano. Napoli e le provincie meridionali erano per troppo tempo quasi sfuggite alle ricerche della scuola tedesca specialmente. Le relazioni dell’Istituto germanico nel Mezzogiorno duravano, se non in-