Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
— 63 — |
Carlo Tito Dalbono scrisse nel Nomade varii articoli sulla mostra, e portando a cielo il quadro del Palizzi, concluse enfaticamente: “Viva te e i tuoi cani; essi ti faranno miglior compagnia di certi uomini d^oggi!„. I premiati non furono molti. Al conte di Siracusa, che aveva esposte cinque statue di varie dimensioni, e fra esse il Gladiatore ferito, molto lodato, venne aggiudicata una medaglia d’oro stragrande. Medaglia d’oro ebbe il Vertunni; medaglie d’argento, il catanese Francesco di Bartolo, che già si affermava incisore di gran talento, Euriso Capocci ed Eduardo Dalbono. Onorevole menzione ebbe Domenico Morelli, non ricordo se per gl’Iconoclasti o per i Martiri cristiani. La medaglia d’oro aggiudicata al Vertunni riscosse il plauso generale, perchè tutti ricordavano questo giovane elegante, che ad un tratto aveva volte le spalle ai codici, era andato a Roma, vi aveva aperto studio e in pochi anni si era affermato pittore insuperabile della campagna romana. Albe, tramonti, stagni con bufali, acquedotti mozzi, bestiame brado, Ostia, Porto d’Anzio e Astura: ecco i soggetti dei suoi quadri. Capocci, Cortese, Raffaele Tancredi, Fiorelli e Mancini facevano con onore le prime armi in arte. Fiorelli, fratello dell’archeologo, morì giovanissimo; gli altri son venuti in gloriosa fama.
Napoli aveva, al pari di altri Stati, un pensionato in Roma, dove mandava a perfezionarsi i più valorosi fra i suoi giovani artisti. Il pensionato aveva sede all’ultimo piano della Farnesina, proprietà del Re. Lo dirigeva il commendatore Filippo Marsigli, noto autore della Morte di Marco Bozzari e della Morte del conte Ugolino, e monsignor Santelli n’era l’ispettore ecclesiastico. Il pensionato durava sei anni. Gli ultimi artisti, mandati da Ferdinando II in Roma, furono Raffaele Postiglione ed Angelo Scetto, pittori; Antonio Cipolla e Pasquale Veneri, architetti e Tommaso Solari, scultore, i quali tornarono in Napoli alla fine del 1847.
I moti del 1848 consigliarono Ferdinando II a non inviar più giovani artisti a Roma, e così continuarono a bandirsi i concorsi per pensioni in Roma, ma con la residenza in Napoli. Sembra un bisticcio, eppure dal 1848 al 1860 continuarono a concedersi borse di perfezionamento ad artisti per il pensionato di Roma, ma con l’obbligo di stare a Napoli o di andare per qual-