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saputa. Al mite Casella, nella direzione della polizia, era stato sostituito l’Ajossa, dopo che si era obbligato il Casella a mandare una circolare segreta agl’intendenti, in data 22 giugno, colla quale s’imponeva loro di non tener conto del decreto del 16 giugno, relativamente agli attendibili!....


Era stato formato intanto al confine di Abruzzo un campo militare, sotto il comando del Pianell, lasciandosi credere che avesse per iscopo meno di tutelare la frontiera napoletana, quanto di dar braccio forte alle truppe pontificie, qualora fossero assalite da corpi di volontari o da forze regolari. Questo corpo di osservazione era appoggiato alla fortezza di Civitella ed era sostenuto da una parte della squadra, sotto il comando del capitano di fregata Napoleone Scrugli, che comandava il Tasso. Un furioso fortunale disperse i pochi bastimenti, e il Tasso arenò alla foce del Tronto per imperizia, si disse, del comandante, la quale imperizia fu però unanimemente esclusa dagli uomini di mare. Di quell’arenamento disgraziato lo Scrugli, che era un brav’uomo, ma irascibile e di scarsa cultura, fu inconsolabile per tutta la vita. Le altre due navi, la Veloce e il Fieramosca, erano comandate, la prima da Barone e la seconda da Flores. Era imbarcato a bordo della Veloce Paolo Cottrau, alfiere di vascello, giovanissimo e vivacissimo. Nelle sue lettere alla famiglia egli parlava a lungo di quella stazione navale, molto noiosa, descrivendo con mirabili colori la costa abruzzese. Ecco il brano di una sua lettera del 9 ottobre, da tata da Giulianova:


Questa nostra stazione in Adriatico comincia ad annoiarci, come credo avervi detto più volte, tanto più che non se ne vede punto la fine. Le coste della Puglia e quelle degli Abruzzi che noi percorriamo sono senza dubbio belle e le ultime soprattutto presentano in taluni punti, come il Vasto, Ortona e Giulianova, delle bellezze comparabili solo, per dolcezza di contorni e splendidezza di luce, a quelle del nostro caro Cratere. Nel fondo qui vedi le maestose cime culminanti di questo gruppo d’Appennino: la Maiella, il Gran Sasso d’Italia, che il sole indora dei suoi raggi molto prima dell’umile Marina e sulla cui cima l’aquila si annida solitaria. Poi delle vaste pianure con dolce declivio, irrigate da molti fiumi, ubertose e coperte di vigne, di case e di giardini, scendono verso il mare; ma per lo più non vi giungono, il loro ultimo lembo fermandosi ad una certa altezza in modo che quasi ti presentano un alto piano, come è per esempio il Piano di Sorrento o la Valle Equana; solo che qui, al disotto di questo, tu vedi un altro piano, un altro pendio, la marina, che pare proprio l’antico fondo del mare rimasto a secco.