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Vitelli e Francesco Pepere, che vi dava lezioni di diritto di natura. Quasi tutti questi studii, in particolare i giuridici, erano centri di aspirazioni liberali, specie quelli del Pepere, del Pessina e del De Biasio. Nella lezione sull’albinaggio, Pepere citava il progetto, presentato nella Camera del 1848 da Roberto Bavarese, esule a Pisa, in virtù del quale al sistema di reciprocanza verso gli stranieri, voluto dall’articolo 9 delle leggi civili, sarebbe stato sostituito il sistema dell’uguaglianza fra i cittadini napoletani e quelli degli altri Stati d’Italia; e di tanto entusiasmo s’infiammava nel pronunziare quel chiaro nome, che i giovani scoppiavano in applausi. Aveva pure buon numero di studenti don Lorenzo Zaccaro, che dettava lezioni di grammatica e di letteratura. Non voglio chiudere questi ricordi, senza rammentare i due bonarii e caratteristici impiegati dell’Università, addetti all’iscrizione agli esami, don Mauro Minervini e don Leopoldo Rossi, molto amati dai giovani.
Il principe di Satriano ebbe l’intuito della situazione politica. Per salvare la dinastia e l’autonomia del Regno, due cose che gli stavano ugualmente a cuore, bisognava cambiare strada nella politica estera e nell’interna. Profittando del ristabilimento delle relazioni diplomatiche con la Francia e coli’ Inghilterra, egli stimava che la politica del nuovo Re dovesse avere per base l’amicizia delle potenze occidentali, soprattutto della Francia. Forse anche per i ricordi gloriosi della sua gioventù, Filangieri aveva una fiducia illimitata in Napoleone III. Capiva essere interesse dell’Imperatore che il Regno di Napoli non fosse cancellato dalla carta di Europa, sia diventando un focolare rivoluzionario, sia affrettando un’unità nazionale immatura e che sarebbe riuscita a tutto benefizio del Piemonte. Ma bisognava far subito ragione ai nuovi tempi, non solo volgendo le spalle all’Austria e stringendosi alla Francia, ma mutando sistema all’interno, con uno Statuto bensì, ma alla napoleonica: non Costituzione bozzelliana, di anarchica memoria, com’egli diceva. Questo programma di Filangieri era secondato alla sua volta da Napoleone, il quale, per mezzo del barone Brenier, molto insisteva perchè fosse attuato.
Tale programma acquistò, si può dire, forma concreta, quando giunse il conte di Salmour, inviato dal gabinetto di Torino in missione straordinaria, per condolersi della morte di Fer-