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Arturo Cottrau fece continuare a gridare: “A mezzogiorno arriva il dittatore; tutti alla stazione„. La nota popolana Sangiovannara, andava anche lei in carrozza, alla stazione, seguita da gran folla di popolani della Pignasecca con bandiere, grandi coccarde e picche. Nel momento dell’arrivo del treno fu tanta la confusione, che Cosenz, al quale Garibaldi aveva ordinato di cavalcare accanto a lui, ne fu separato, nè lo rivide sino alla sera. A Cosenz fu offerto uno dei cavalli, preparati per il dittatore e i suoi ufficiali. Egli vi montò, e accompagnato dal capitano Carlo Colonna, entrò in Napoli, percorrendo la via della Marina e ricevendo dalle sentinelle del Carmine il saluto militare. Smontò ad un palazzo al Grottone, dove abitava sua madre, ch’egli era ansioso di riabbracciare dopo dodici anni.1 Garibaldi arrivò alla Foresteria due ore dopo, perchè gli fu impedito di montare a cavallo, e invece percorse il lungo cammino in carrozza, a passo lento, non potendo i cavalli aprirsi che a stento la via. Nella carrozza del dittatore non vi era dunque nè il Cosenz, che partì prima, nè il sindaco di Napoli, e neppure il Romano, perchè la folla enorme li aveva separati da Garibaldi. Vi montò invece Demetrio Salazaro, che faceva sventolare un bandierone, quello stesso preparato per i funerali di Guglielmo Pepe, e che aveva da una parte il cavallo sfrenato, emblema di Napoli e dall’altra, il leone di San Marco: bandiera che Garibaldi baciò, dicendo: presto saranno liberati i nostri fratelli. E montarono altri dei quali non si ha memoria. Alcuni di questi particolari furono riferiti in una corrispondenza da Napoli al Journal des Débats, in data 7 settembre, pubblicata il 15 di quel mese, e da un opuscolo del Salazaro.2 I giornali del tempo non danno alcun particolare. Garibaldi, in piedi nella carrozza, pareva dominasse quella fiumana di popolo frenetico. Pietro Lacava, uno dei pochi superstiti, oggi ministro dei lavori pubblici e che seguì Gari-

  1. Devo questi ultimi particolari alla grande amicizia, che mi legò al generale Enrico Cosenz, uno degli uomini più. benemeriti e più modesti del Risorgimento nazionale, e così schivo a parlare della gran parte da lui avuta nell’impresa garibaldina, che, nonostante le insistenze degli amici più intimi, non si decise mai a scrivere i suoi ricordi.
  2. Cenni sulla rivoluzione siciliana del 1860. — Napoli, Stabilimento tipografico di R Ghio in Santa Teresa agli Studii, 1866.