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cora una volta, che il proposito del ministero in quei giorni era di far partire il Re da Napoli, per impedire che la città diventasse il teatro di un eccidio, e la frase iperbolica del Giacchi, di aver salvato il paese, ne è chiara conferma. Don Liborio giustificava così la sua condotta; e certo l’aver confortato il Re alla partenza che Francesco II del resto aveva decisa sin dal giorno 2 settembre, in seguito ai consigli di Roma e di Vienna, è l’unico titolo di onore per quel ministero disgraziato. La fantasia più fervida non potrebbe immaginare che cosa sarebbe succeduto a Napoli, se il Re vi si fosse difeso, avendo i castelli in poter suo, e dalla sua la guarnigione, la plebaglia e le influenze del partito borbonico e del clero. Dall’altra parte non vi erano cha i dodici battaglioni della guardia nazionale, e la polizìa, cioè la camorra divenuta autorità rivoluzionaria, e l’esercito garibaldino, sparpagliato in Calabria, che faticosamente marciava per Napoli.
Un vero ricevimento del corpo diplomatico non vi fu: i ministri esteri andarono la mattina alla Reggia, per ossequiare il Re, ma non ufficialmente. Andarono il nunzio, monsignor Giannelli; il ministro d’Austria, conte Szèchènyi; quello di Prussia, conte Perponcher-Sedlintzky; quello di Russia, il principe Wolkonsky; il ministro di Sassonia, conte Kleist Loos e Carolus, ministro del Belgio. Non risulta da alcun documento, nè da alcuna testimonianza, per quanto io abbia indagato, che il marchese di Villamarina si recasse anche lui a salutare Francesco Il; anzi può affermarsi che non vi andò, come non andarono i ministri di Francia e d’Inghilterra. Il Villamarina aveva lavorato col Persano e col Comitato dell’Ordine per impedire che il grosso della flotta, che era nel porto, seguisse il Re a Gaeta. Le navi erano otto. Nel diario del Persano è riferito tutto il lavoro fatto per impedire che quelle navi seguissero il Re, quando ne ebbero l’ordine: lavoro ben riuscito, a giudicarlo dai risultati, perchè un solo legno, la Partenope, comandata da Roberto Pasca, eseguì l’ordine. Il Persano ne mena gran vanto e ne attribuisce a sè il maggior merito. Narra pure che verso sera, dopo la partenza del Re, il Villamarina andò a chiedergli un legno per andare a conferire con Garibaldi a Salerno, e che da lui gli fu dato l’Authion, sul quale Villamarina s’imbarcò.