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rimandato a Spinelli, con questo indirizzo: Signor Ministro, segretario di stato, Presidente del Consiglio dei Ministri, e sulla sopraccarta scritto: pressantissima. Carlo de Cesare, che faceva parte del Consiglio dei ministri, ritenne lui questo documento storico.


Ad accrescere la profonda impressione, che destò il proclama del Re, si aggiunse il manifesto del prefetto di polizia, Bardari; manifesto rispondente anch’esso alla gravità veramente tragica di quell’ora:


Cittadini!

Il Re parte. Tra un’eccelsa sventura che si ritira, e un altro princicipio che, trionfando, si avanza, la vostra condotta non può essere dubbiosa. L’una v’impone il raccoglimento al cospetto della Maestà ecclissata, l’altro esige il senno, l’annegazione, la prudenza, il civile coraggio. Nessuno fra voi turberà lo svolgimento degli eroici destini d’Italia; nessuno penserà di lacerare la patria con mani o vindici o scellerate. Invece attenderete con calma il di memorando, che aprirà al nostro paese la via per uscire dalle ambagi e da’ pericoli senza nuove convulsioni, senza spargimento di sangue fraterno. Quel giorno è vicino; ma intanto la città resti tranquilla e non si commova, il commercio prosegua fiducioso il suo corso, ognuno rimanga nelle ordinarie occupazioni della vita; tutte le opinioni si uniscano nel sublime accordo della patria salvezza. Per vostra tutela la polizia è in permanenza; la Guardia Nazionale veglia sotto le armi.

Così, o Cittadini, non renderete inutile il longanime sacrificio di coloro che affrontando le crudeli incertezze della situazione, si sono immolati al reggimento della cosa pubblica, e deviando i pericoli che sovrastavano alla libertà vostra ed alla indipendenza della Nazione, ne furono i vigili e fermi custodi. Essi proseguiranno il sublime mandato, e seno certi che la vostra concordia, l’ordinato vostro procedere, li aiuterà ancora a vincere le difficoltà che restano; son certi che non saranno costretti ad invocare la severità della legge contro il dissennato agitarsi dei partiti estremi; ed in tal guisa le nostre sorti saranno compiute, e se la Storia terrà conto del patriottismo de’ governanti, sarà generosa dispensiera di gloria alla civile sapienza di questo popolo veramente italiano.

Vincenzo Criscuolo era comandante del Messaggero. Chiamato dal Re la mattina del 6, di buon’ora, aveva ricevuto l’ordine di tenersi pronto col suo legno per partire alle sei del giorno. Verso le dieci, il Re lo mandò a chiamare di nuovo, perchè le navi piemontesi, ancorate nella rada di Santa Lucia, si erano collocate con rapida manovra all’uscita del porto militare; e vi