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CAPITOLO XVII


Sommario: Il Re si decide a lasciare Napoli — Suo colloquio con Carlo de Cesare — Garibaldi a Rogliano, a Rotonda, ad Auletta e a Salerno — Confusione e timori a Napoli — Incidente caratteristico — I capibattaglione della guardia nazionale e il sindaco dal Re — Consiglio di Stato del 5 settembre — Timori per la partenza del Re — Il proclama reale — Chi lo possiede — Il manifesto del prefetto di polizia — Preparativi per la partenza — Il notamento degli oggetti, che Francesco II portò a Gaeta — Il Re al marchese Imperiale — I ministri e i direttori dal Re — Sue parole a don Liborio e a Giacchi — L’ultimo baciamano e gli ultimi addii — Dalla Reggia al porto — Il corpo diplomatico — Bermudez de Castro — La protesta alle potenze — Si parte alle ore sei — Incidenti e particolari — I teatri di Napoli la sera del 6 settembre — Il ministero, il sindaco e il comandante della guardia nazionale — La traversata dei Sovrani da Napoli a Gaeta — Le navi regie si rifiutano d’obbedire — Aneddoti — Francesco II e Vincenzo Criscuolo — Il telegramma di Garibaldi a don Liborio — La risposta di don Liborio — Gli episodii di Salerno e le irrequietezze di Garibaldi — Sua improvvisa risoluzione di partire per Napoli — I particolari di quel viaggio e i personaggi che accompagnarono il dittatore — Arrivo dei Sovrani a Gaeta la mattina del 7 settembre, e arrivo di Garibaldi a Napoli, a un’ora — Incidenti alla stazione di Napoli — La folla separa Garibaldi da Cosenz — Il sindaco D’Alessandria sparisce — A Gaeta e le parole del padre Borrelli. — Particolari inediti — Fine del Regno.


In tante incertezze, inquietudini e abbandoni, il Re carezzava il suo partito: lasciar Napoli e andare a Gaeta, chiamarvi quella parte della flotta che non aveva disertato, e concentrando fra Gaeta e Capua le truppe disponibili, formar la linea di difesa tra le due fortezze e tra il Volturno e il Garigliano, con la frontiera libera sino a Roma. Le provincie, da Napoli in su, non erano insorte, nè si prevedeva la spedizione di Fanti e di Cialdini nell’Italia centrale, nè la sconfitta di Lamoricière a Castelfidardo, nè la presa di Ancona, nè, infine, la marcia di Vit-