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vittorioso, essendo la regia marina in piena dissoluzione ed avendo l’esercito rotto ogni vincolo di disciplina e di obbedienza gerarchica. Sconsigliava la resistenza e, unica via di salute, proponeva al Re di allontanarsi dalla capitale “Che la M. V., concludeva, si allontani per poco dal suolo e dalla Reggia dei suoi maggiori; che investa di una reggenza temporanea un ministero forte, fidato, onesto, a capo del quale sia preposto, non già un principe reale, la cui persona, per motivi che non vogliamo indagare, ne farebbe rinascere la fiducia pubblica, ne sarebbe garentia solida degl’interessi dinastici, ma bensì un nome cospicuo, onorato, da meritar piena la confidenza della M. V. e del paese„. E naturalmente, questo nome cospicuo ed onorato non poteva essere che il suo.

Ammesso che questo memorandum fosse stato presentato veramente il giorno 20 agosto, secondo afferma il Romano, questi nel Consiglio del 29 approvava, insieme con gli altri ministri, la resistenza a Garibaldi fra Salerno e Napoli, e una nuova e vivace protesta, che il de Martino inviò alle potenze appena fu conosciuto lo sbarco di Garibaldi in Calabria. E poichè alle cose più serie di questo mondo si accompagna sempre una nota di comicità, il giorno 30 venne fuori un decreto del 29 che autorizzava lui stesso, Romano, ministro dell’interno, a creare un debito di sessantamila ducati, per costruire e addobbare la sede provvisoria del Parlamento alle Fosse del grano! Don Liborio si apparecchiava ad aprire il Parlamento napoletano con la stessa incoscienza, con la quale lasciava credere ai cavurriani, che egli era lì per indurre il Re a lasciar Napoli e ad affrettare il compimento dell’unità nazionale; ai garibaldini e ai mazziniani del Comitato di Azione, ch’egli stava lì ad impedire che l’unità d’Italia si compisse a benefizio del Piemonte, resistendo agl’intrighi di Villamarina e di Persano e alle sollecitazioni del Comitato dell’Ordine; ed agli autonomisti, che fosse in pericolo l’autonomia e l’indipendenza del Regno!

Banderuola in balia dei venti, Liborio Romano si dava l’aria di dominar lui i venti, compiaciuto e soddisfatto di sé; dava ragione a tutti ed era il solo dei ministri, che non sembrasse impensierita) del domani. I borbonici lo bollarono per traditore, mentre i cavurriani di Napoli lo attaccarono con violenza e non sempre con giustizia, e il solo, che ne tentasse la difesa, fu quel