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riva preoccupato e triste; il principe di Torella, nervoso più del consueto; e De Martino, pur mostrandosi disinvolto e sorridente, rivelava anche lui di aver perduta ogni fede nella diplomazia. I ministri intendevano che il fatale momento si appressava, e non si dissimulavano che l’autorità loro presso il Re andava ogni giorno diminuendo, e che l’azione civile del governo quasi non esisteva più. L’azione era tutta militare, se azione poteva dirsi. I consigli di generali si succedevano, ma si rifuggiva, come s’è visto, da ogni risoluzione, nè sarebbe proprio possibile ricostituire la storia precisa di quei giorni famosi, perchè, coloro che vi ebbero parte, la narravano ciascuno a modo suo, e ciascuno aveva ragione, mentre la verità è che tutti si mostrarono inferiori alla singolare gravità del caso. Avvenivano le cose più strane. Il generale Ritucci si era dimesso da comandante della piazza di Napoli, e nonostante che il ministero si fosse opposto alla nomina del generale Cutrofiano a successore di lui, il Re la volle. Era il Cutrofiano tenuto in conto di retrivo e di uomo violento, e nella sua nomina si vide una minaccia di reazione. Il ministero lasciò intendere al Re che si sarebbe dimesso, anzi presentò le dimissioni. Francesco non ne parve spaventato, e per un momento sembrò deciso a nominare un ministero di resistenza, e a farla finita con la rivoluzione. Non a Pietro Ulloa, ma ad Ischitella diè l’incarico di formare il nuovo ministero, ma al solito, quando si fu all’esecuzione, il vecchio generale non seppe cavarsela, perchè, come egli confessa, tutti si rifiutavano di essere ministri in quel momento, in cui si vedeva la dissoluzione del Regno, e nessuno voleva compromettersi. Interpellò Stanislao Falconi, Pietro Ulloa e Niccola Gigli, i quali tutti e tre, sia per la gravità della situazione, sia per la poca serietà di lui, risposero di no.


Erano giorni di tristezza e di confusione nella Reggia e nel governo. Consigli diversi, proposte contradittorie, paure, sospetti, malignazioni e soprattutto esagerazioni, che s’incrociavano, mentre i fedeli continuavano a disertare la causa e il numero degli unitarii cresceva in ragione geometrica. Si affermava, e io credo con qualche fondamento, che il generale Girolamo Ulloa, venuto a Napoli in quei giorni, e bene accolto dal partito legittimista, avesse fatto proporre al Re di assumere il co-