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“dote„ esaurita la quale, la fucileria e i pezzi sarebbero rimasti in perfetto stato d’inazione, Flores non seppe che cosa rispondere.
L’ultimo ordine, che il Flores ricevesse da Napoli, fu di “lasciar la gendarmeria in tutti quelli luoghi, ne’ quali occorresse tener guardia alle prigioni, e tutelar l’ordine per quanto lo si potesse; e col restante delle schiere muovere a raggiungere in Avellino il generale Scotti, che ne avrebbe assunto il superiore comando„. E si noti, che quest’ordine si mandava al Flores, quando questi aveva già date le sue dimissioni, col seguente telegramma del 26 agosto: “Domando il mio ritiro, e chieggo a chi rassegnare la mia missione, che non posso più onorevolmente disimpegnare„ . Queste dimissioni furono anche provocate dal fatto, che il governo avea sospeso il richiamo dei due squadroni di dragoni, proposto dal Flores, perchè indisciplinati, come ancora dalle diserzioni del tredicesimo di linea, le quali crescevano di giorno in giorno. E proprio sul momento di muovere per Avellino essondo giunto a Flores l’ordine di estrarre dal Banco di Bari le somme di regio conto, egli rispondeva cosi: “Questo Banco, mi assicura l’intendente, non contiene che numerario di pertinenze particolari, nè estrarre si potrebbe denaro senza ordini diretti dal ministro delle finanze, e senza serio allarme di tutte le popolazioni„ .
A misura che il Flores eseguiva la ritirata su Avellino, i governi provvisori si proclamavano via via alle sue spalle. Ogni paura cessava. Flores dovè continuare la ritirata senza risorse; spirata la quindicina, sarebbero mancati alle truppe i viveri, de’ quali non avrebbe potuto, senza violenza, provvedersi dai Comuni, nè, il maresciallo, cui le condizioni di salute non consentivano neppure di reggersi a cavallo, poteva fidarsi dei suoi uomini, tranne che della mezza batteria e dei due squadroni incompleti di carabinieri. A quattro miglia da Ariano, da parte del generale Bonanno, gli veniva consegnato un urgentissimo messaggio^ recato da apposita staffetta, contenente l’ordine di recarsi aNapoli; ed egli dovè proseguire il viaggio con la moglie ed i figli in carrozza, perchè, pochi giorni prima, caduto a terra per un male sopravvenutogli, si era ferito a un ginocchio. Giunto nelle prime ore della notte a Grottaminarda, fu fermato sulla via da un drappello d’insorti avellinesi, mandato dal De Concily ad arrestarlo. Coman-