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specificarne le particolarità, perchè mi mancano sull’obbietto rapporti uffiziali; ma son fatti oramai di cui non è a dubitarsi. Unico ne è lo scopo: la proclamazione di Vittorio Emanuele a Re d’Italia, ed all’uopo concordemente s’innalza la bandiera di Casa Savoja. Stimo mio debito informarne l’Autorità di Lei per gli effetti di risultamento.1


Cosi scrivevano quasi tutti i sototintendenti agl’intendenti, i quali trascrivevano integralmente i rapporti al ministero, a scanso di responsabilità, chiedendo istruzioni, o anche non chiedendone. Non c’era più che soltanto l’ombra d’un governo! Il ministero non aveva ordini da dare, nè provvedimenti da consigliare, ne aiuti da spedire, e cercava invano di provvedere con la circolare Giacchi e con l’invio di segreti agenti nelle provincie, per ridestarvi la fede negli ordini, costituzionali. A Cosenza, don Liborio, tanto per continuare a rappresentar la commedia, mandò La Cecilia, Cognetti e Mosciaro, con la missione di promettere, da parte del Re, opere pubbliche e benefizi d’ogni sorta, e di eccitare le autorità a far argine alla rivoluzione; ma il Comitato insurrezionale, saputo lo scopo che li guidava, li fece arrestare e li rimandò indietro.


Nella notte dal 19 al 20 agosto, Garibaldi e Bixio sbarcarono a Melito sulla costa calabrese; e, all’alba del 22, Cosenz e Assanti a Favazzina. Già fin dal giorno 8, era sbarcata la prima banda garibaldina ad Alta Fiumara, per impadronirsi del forte di Torre Cavallo. La formavano 350 uomini, e ne erano ufficiali Missori, Musolino, Mario, Nullo. Agostino Plutino, da pochi giorni reduce dalla sua missione in Inghilterra; la raggiunse verso Aspromonte conducedonvi un buon manipolo di volontari calabresi. Due giorni prima Antonino Plutino, che si apparecchiava a discendere con Garibaldi in Calabria, avvisò suo fratello Agostino, che tra il 19 e il 20 sarebbero sbarcati a Melito, e che perciò la banda si tenesse pronta a marciare sopra Reggio o sopra Melito per unirsi a Garibaldi. Questa lettera fu portata al campo di Aspromonte da Fabrizio Plutino oggi prefetto del Regno e allora diciottenne, a suo padre. La banda, accampata nella contrada Montalto, accolse la notizia con festa e si mise in assetto di partenza. E quando nella notte dal 19 al 20 Garibaldi sbarcò, Antonino Plutino ne diè avviso al nipote Fabrizio con un bi-

  1. Archivio Giacchi.