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de Napoli, che fu uno dei più ardenti e dei più generosi, e che dopo il 1860 organizzò pure e mantenne a sue spese una compagnia per combattere il brigantaggio, e poi Onofrio Parente, Pasquale Piciocchi e il padre Nitti: tutti giovani di rispettabile posizione sociale. Cesare Oliva, tornato dall’esilio, era corso nella sua provincia nativa a portare l’aiuto del suo braccio e della sua mente. Il padre Nitti era scolopio, rettore del collegio e faceva da cassiere del Comitato. Francesco Pepere aveva chiuso lo studio, ed era andato tra i suoi conterranei ad aiutare il movimento, soprattutto come intermediario fra il Comitato dell’Ordine ei liberali avellinesi. Ad Avellino era avvenuto, qualche tempo innanzi, un doloroso conflitto tra i cittadini e i soldati bavaresi, i quali avrebbero insultati o provocati alcuni operai, che .addobbavano il quartiere della guardia nazionale o, secondo altri, sarebbero stati da costoro malamente offesi. La verità non si è saputa ancora con certezza. Il conflitto avrebbe potuto degenerare in un eccidio, se il colonnello Santamaria, comandante lo squadrone di carabinieri a cavallo, di stanza in quella città, non si fosse interposto con i suoi uomini; e se il giorno dopo, i bavaresi non avessero lasciato Avellino, per raggiungere il proprio reggimento a Nocera dei Pagani. I rivoluzionarli mossero, la notte del 2 settembre, con altri insorti alla volta di Ariano, per proclamarvi il governo provvisorio, mettendovi a capo il vecchio colonnello De Concily; ma, la mattina del 4, quei terrazzani, messi su dai reazionarii, che avevano dato loro ad intendere che gl’insorti volevano portar via la statua d’argento di Sant’Oto, patrono della città, assalirono le squadre insurrezionali, che arrivavano alla spicciolata, e ne fecero una strage. Rimasero sul terreno oltre duecento morti. Da Ariano i superstiti, col De Concily a capo, con Vincenzo Carbonelli, destinato al comando dell’esercito rivoluzionario irpino, con Rocco Brienza, delegato del governo provvisorio di Basilicata e con altri animosi, uscirono in gruppo e coi fucili spianati, riparando a Greci, dove si fermarono una notte e un giorno, ma furono costretti a sloggiarne per l’avvicinarsi del generale Flores e della sua colonna. Il 6 settembre proclamarono il governo provvisorio a Buonalbergo.


Beniamino Caso aveva organizzata a Piedimonte d’Alife, sua patria, la legione del Matese che era una compagnia di 120 uomini,