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I generali Giovanni Salzano e Gaetano Afan de Rivera non difettavano di qualità militari: il secondo possedeva più cultura generale che militare, era figliuolo del celebre idraulico e cugino di Rodrigo, generale di artiglieria; ma aveva poco tatto e a Messina si era bisticciato col Russo. Primerano e Cataldo non avevano alcuna reputazione, neppure nell’esercito, anzi al Cataldo si rimproverò l’abbandono della posizione ai Quattro Venti, che rese impossibile ogni resistenza in Palermo. A tal proposito, Maniscalco, giunto a Napoli l’otto giugno, diceva a Gaetano Filangieri che l’abbandono dei Quattro Venti, da parte del Cataldo con quattromila uomini, senza essere stato aggredito; la ostinazione di Von-Mechel di continuare con la sua colonna la marcia su Corleone, invece di girare sopra Misilmeri e piombare addosso a Garibaldi; l’esitazione di questa colonna nell’attaccare, di ritorno, Palermo dalla parte meridionale, nonchè l’abbandono da parte del generale Landi della Gran Guardia, in piazza Bologni, erano state le principali cagioni dell’avvenuto disastro. E aggiungeva: “rovinoso fu il primo armistizio, ed anche più il secondo. La mattina del primo armistizio gli attacchi di Garibaldi erano molto rallentati, perchè egli mancava di munizioni; Palermo, durante i primi armistizi, si fortificò, costruendo innumerevoli barricate e tutte le saettiere aperte nelle case; l’incertezza, l’esitazione di Lanza erano tali da non farsi un’idea„.1

II Clary, che comandava a Catania, aveva discrete qualità militari; era blagueur, non quanto Bosco, ma un po’ gli somigliava. Da Catania fu mandato a Messina, dopo l’ingresso di Garibaldi a Palermo; e da Messina, dopo la capitolazione, fu mandato a Napoli; poi seguì Francesco LE a Roma, generosamente, non avendone pensione, nè assegno. Da Roma, venuto in sospetto delle autorità francesi, fu ricacciato in secondo esilio a Civitavecchia. Morì borbonico impenitente, convinto che la causa del disastro era dovuta al tradimento di Nunziante e di Pianell principalmente, e poi di tutti gli altri. Egli si condusse bene a Catania, resistendo il 31 maggio al tentativo di rivoluzione; ma la sua condotta a Messina non andò immune da accuse. Si era a oltre mezzo giugno, e la Sicilia, tranne Messina, Siracusa e Augusta, ubbidiva a Garibaldi. A Messina il Clary formò un piano arditissimo per

  1. Archivio Filangieri.