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Commentando questa lettera, il Nazionale diceva: “Ogni provincia d’Italia muore, l’Italia nasce„.

L’ultimo giorno di agosto, il conte di Siracusa s’imbarcò sulla Costituzione, messa ai suoi ordini dal Persano e parti per Genova e Torino. La luogotenenza di Toscana gli rimase in gola e mori l’anno dopo nel marzo, a Pisa, dov’è sepolto.

A proposito della fine del conte di Siracusa, piacemi riferire un aneddoto intimo. Il conte di Cavour incaricò il Fiorelli d’annunziare, coi debiti riguardi, la morte del conte alla contessa sua moglie, la quale era, com’è noto, una principessa di Savoia, sorella del principe Eugenio di Carignano e aveva nome Maria Vittoria Filiberta. Dopo la catastrofe dei Borboni, ella restò a Napoli, nel suo bel palazzo alla Riviera, da tutti rispettata. Quel matrimonio non fu modello di felicità, troppa essendo la difformità di carattere nei coniugi. Il conte di Siracusa era un volgare buontempone, tutto napoletano; scettico e superstizioso, in fatto di religione; impressionabile, mobile, loquace, femminiero, con una larga dose di quella familiarità caratteristica dei Borboni, e che spesso degenerava in mala educazione. Portava lunga la barba, quasi per sfidare la polizia che alle barbe lunghe muoveva guerra. Quando viaggiava in ferrovia, se era di estate e vedeva chiusi gli sportelli della carrozza del treno, ne rompeva i vetri con la punta del bastone. La contessa, invece, era un’asceta; viveva ritiratissima; schivava le compagnie, e mentre suo marito liberaleggiava, essa era una retriva furente, non per animo triste, ma per eccessivi scrupoli religiosi. Aveva una figura molto comune, anche perchè, non si seppe mai se per umiltà o per avarizia, vestiva assai dimessa. Il conte non le era stato fedele mai. Ho riferito l’aneddoto del colpo apoplettico, dal quale fu preso nel 1858; e che, rinnovatosi a Pisa, gli troncò la vita a quarantott’anni. Fiorelli andò, dunque, dalla contessa; e, prendendo le cose un po’ alla larga, le disse che il conte si era gravemente ammalato a Pisa, e che. ...; ma la contessa gli spezzò la parola, dicendogli, secca secca: “Eh! bien; j’ai compris; il est mort„; e al cenno affermativo di Fiorelli, rimasto interdetto dinanzi a tanta indifferenza, soggiunse: “Il l’a voulu„; e, voltandogli le spalle, piantò, senz’altro, il fido segretario di suo marito. Di questa morte ella non si afflisse punto, e seguitò a vi-