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formare un nuovo ministero negli ultimi giorni di agosto, un dieci giorni prima che il Re partisse, come afferma l’Ischitella stesso, col preteso complotto del conte d’Aquila, del quale complotto nulla, insomma, lo ripeto, si sa di certo e di concludente, e a me sembra del tutto inverosimile che entrasse a farne parte principale Girolamo Ulloa. Il complotto avrebbe dovuto avere per fine una Saint-Barthélemy dei liberali, e la proclamazione del conte, prima a Reggente e poi a Re. Partito il conte d’Aquila, restarono soli centri borbonici in Napoli, i ritrovi presso il conte di Trapani, presso il conte Leopoldo Latour, Ernesto Carignano Somma di Circella, Caracciolo di Castelluccio, la farmacia reale Ignone in via di Chiaja e la bottega da parrucchiere di Germain a Toledo. La polizia teneva d’occhio questi ultimi due locali, i quali, a misura che la rivoluzione si avanzava, diventavano meno frequentati: negli ultimi giorni poi non vi era più alcun centro apparente. I commenti nell’alta società napoletana erano i più diversi, e vivacissime le recriminazioni. Una sera il ministro inglese Elliot disse profeticamente ad alcuni intimi: “Tutto è colpa della ritardata Costituzione. Francesco II perderà la Sicilia, perderà Napoli; e poi l’Italia unita attaccherà la Venezia„. Un’altra sera, i Ludolf dicevano orrori di Castelcicala in casa Torella, e la principessa di Torella protestò vivacemente, dicendo: “Ma non è stata opera vostra e della camarilla il richiamo di Filangieri e l’invio di Castelcicala?


Della famiglia reale l’unico, che i liberali non sospettassero di propaganda reazionaria, era il conte don Leopoldo di Siracusa, il quale, smesso ogni riguardo, fraternizzava con essi, nè era parco di rimproveri e di accuse al nipote, che non vedeva più. Ripeteva sovente: “Era destino che la dinastia di Carlo III do— vesse finire con un imbecille!„. Entrato, per mezzo del Villamarina, in intime relazioni col Persano, giunto nelle acque di Napoli fin dal 3 agosto, non gli nascose i suoi sensi altamente italiani. E poichè l’ammiraglio si maravigliava con Fiorelli di questo principe borbonico, zio del Re e così tenero dell’unità d’Italia, il Fiorelli lo informava dei precedenti del principe e della lettera scritta, ai primi di aprile, al nipote perchè entrasse nella via liberale, dipingendogli così l’uomo, la cui indole aperta ed aliena da ogni infingimento non gli permetteva di ciò nascondere,