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stere oltre alle pressioni, che venivano da ogni parte, il 29 luglio Giacchi scriveva, tutta di suo pugno, una riservatissima all’intendente di Caserta, conte Viti, la quale cominciava cosi: “Gaeta e quelli che vi son dentro (e, si noti, c’era quasi tutta la famiglia reale) richiamano tutta l’attenzione del Governo„. E, parlando del giuramento delle truppe, continuava: “Viva il Re, che è buono e benefico, ma viva anche la Costituzione, che ci ha liberati da tanti istrumenti di tirannide, nemici del loro paese non pure, ma dello stesso Re, che essi disservivano, servendo solo a sè stessi„.1 E conchiudeva, ordinando che si arrestassero l’ex ispettore Palumbo, i camorristi, denunziati antecedentemente dal sindaco di Gaeta e dieci guardie della vecchia polizia. Questi ordini vennero eseguiti e, contemporaneamente, gli arrestati furono tutti accompagnati dai gendarmi al confine pontificio.

Anima della cospirazione reazionaria si riteneva che fosse la Regina madre; e perciò Giacchi aveva stabilito un altro servizio speciale di polizia, per tener d’occhio lei e la sua gente, incaricandone lo stesso sottointendente, il quale aveva alla sua dipendenza un commissario di polizia molto abile, chiamato Portillo. Per avere un’idea di quanto fosse accurata la sorveglianza su Maria Teresa, pubblico anche questo rapporto, inviato, il 7 agosto, dal Gaetani al direttore dell’interno:


Poichè conosco che questo telegrafo elettrico è sotto la dipendenza del generale governatore, e quindi si sanno tutti i dispacci, così debbo incomodarla per via di lettere, come meglio posso adempiere al mio difficile incarico. Questa mane le ho segnalato, che alle ore 11 antim. giungeva la Corvetta Spagnuola “Villa de Bilbao„: al momento, che sono le ore 24, giunge a mia notizia che S. M. la Regina, la quale non à voluto vedere finora alcuna autorità di qualunque ramo, non escluso il generale governatore, riceverà dimani il Comandante del legno spagnuolo. Conoscendo altro, lo porrò subito a di lei conoscenza„.2


Non meno della Regina madre, erano sorvegliati in Napoli tutt’i i membri della famiglia reale, ad eccezione del conte di Siracusa, caldo più che mai d’italianità. Erano sorvegliati dalla polizia di don Liborio e da quella del Comitato dell’Ordine, e la maggiore sorveglianza si esercitava sul conte d’Aquila e sul conte di Trapani. Il conte d’Aquila, già capo della ca-

  1. Archivio Giacchi.
  2. Id. id.