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La famiglia reale, com’era da prevedersi, diè l’immagine della discordia e del più ingiustificabile egoismo, via via che si appressava l’ora finale. Si è veduto come, dopo la morte di Ferdinando II, l’unione domestica fosse più apparente che reale. Invece di raccogliersi tutta intorno al Re e far causa comune con lui che rappresentava la Monarchia e la dinastia, consigliarlo sinceramente e sorreggerlo, o cadere con lui, la famiglia reale, tranne il conte e la contessa di Trapani, si condusse ben altrimenti. Come ho detto, fin dai primi giorni di luglio la regina Maria Teresa se ne andò con i suoi figliuoli a Gaeta, imbarcandosi al Granatello. Restarono a Napoli il conte di Trani e il conte di Caserta. L’ex Regina era il babau, non tanto dei vecchi, quanto dei nuovi liberali, ed è superfluo ripetere che i liberali non si numeravano più, e i più accesi eran quelli, naturalmente, i quali non avevano levato un ragno dal buco.

La partenza dell’ex Regina con la famiglia per Gaeta fece penosa impressione nella Corte. Molti cominciarono a far preparativi di partenza, dicendo che anche il Re aveva intenzione di abbandonare Napoli. Il principe d’Ischitella, il quale, lasciato il comando supremo della guardia nazionale, aspettava l’altro, che non ebbe mai, di comandante generale dell’esercito, vedeva il Re tutti i giorni e lo scongiurava di non prendere quella risoluzione di abbandonare Napoli. Francesco II lo assicurò che non sarebbe partito, e anzi era risoluto a difendersi, e a tal fine voleva mettere lui, Ischitella, a capo dell’esercito per dar battaglia a Garibaldi nel piano fra Salerno ed Eboli. Narra l’Ischitella che fu per questo, ch’egli diè le dimissioni da comandante della guardia nazionale ed attribuisce al tradimento di Pianelli (sic) so non ebbe quel comando.

Andata dunque Maria Teresa a Gaeta, e ricoveratisi colà alcuni funzionarli destituiti e alcuni bassi arnesi della vecchia polizia, subito cominciarono nei giornali e nei caffè le querimonie che Gaeta diventava un covo di reazionari. Le voci erano confermate ed esagerate, naturalmente, dal già accennato rifiuto di quelle truppe a giurare la Costituzione. A Gaeta si trovavano tra gli altri, l’ex ministro Murena e l’ex ispettore di polizia Palumbo; a Castellone, l’ex consultore Governa e ad Itri, l’ex commissario De Spagnolis. Il ministero credeva a quelle voci, o almeno le insistenze erano tali, da muoverlo ad agire come se vi credesse. E