Nelle Provincie regnava maggior disordine, che nella capitale. I devoti all’antico regime, anche i più pacifici, erano sospettati, spesso fantasticamente, di favorire la reazione. Il 15 agosto, a Bari, si disse insultata la guardia nazionale. Ci furono molti arresti, e con la solita iperbole pugliese, si affermò che i disturbatori fossero pagati dall’arcivescovo, dai gesuiti e da alcuni cittadini in fama di borbonici, a sei carlini per uno! Più gravi e veri, i fatti di Taranto. Un gruppo di popolani, prendendo pretesto da un caricamento di grano, cominciò a tumultuare, e per due giorni non solo impedì il caricamento, ma ruppe in violenze contro i legni e contro i marinai di questi. Vi furono inoltre minacce di saccheggio alle case dei principali cittadini. L’autorità politica, rappresentata dal sottointendente Giovanni de Monaco, non spiegò l’energia necessaria. Il De Monaco, rimasto in ufficio, si mostrava apertamente contrario alla concessa Costituzione, nè più della sua fu energica l’azione de’ gendarmi, comandati dal tenente Attanasio, de’ quali si disse anzi che provocassero quei moti. La sera del 17 luglio, quando ogni agitazione era cessata, poco innanzi l’avemaria, una pattuglia di soldati di riserva, passando innanzi al caffè Moro, sulla piazzetta di Santa Caterina, luogo d’ordinario convegno dei più distinti cittadini, si fermò e intimò ai molti, che in quell’ora erano li seduti, di sgombrare. Rimasto l’ordine ineseguito, i soldati, dopo aver scambiate vivaci parole coi cittadini, passarono innanzi, ma poco dopo sopravvenne una pattuglia di gendarmi, comandata dal tenente Attanasio, la quale, appena fu sulla piazzetta, si fermò, ed al comando a brevi intervalli, dato da quell’ufficiale di: “alt, front, fuoco„ lasciò partire molte fucilate, tirate però, a quanto poi parve dall’altezza delle traccia rinvenute sulle pareti, più con animo di far paura che di far male. Il ferito fu un solo, piuttosto lievemente e di rimbalzo. Venne però attestato da alcuni signori, che la pattuglia si diresse, a passo celere, verso il quel caffè, dopo essersi incontrata, in piazza San Costantino, col sottointendente De Monaco, dal quale avrebbero sentito pronunziare la parole: “Fate fuoco„. Vera o falsa questa circostanza, certo è che il De Monaco, udendo le fucilate, non mostrò maravigliarsene, nè si recò sul luogo dell’avvenimento. Il fatto eccitò vivamente la cittadinanza, la quale nel dì seguente chiese ed