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senza di estranei non li indicava che per titolo. E così diceva; mio fratello Trani, mio fratello Caserta, e ai piccoli dava il don, come facevano tutti in Corte. Il dolore non si leggeva sul volto dei figliuoli e dei fratelli del morto Re. Il conte di Siracusa era andato ad abitare a Capodimonte; secondo alcuni per stare più vicino al nipote e, secondo altri, per intrighi amorosi o per far dispetto alla Regina madre, che lo detestava. Gli astri, che avevano più brillato intorno al magno pianeta sparito dall’orizzonte il 22 maggio, cominciavano ad oscurarsi. Unica, veramente inconsolabile, era l’ex regina Maria Teresa, la quale sentiva di aver tutto perduto. Esercitando un vero dominio sull’animo del marito, essa regnava e governava, pur non avendone l’apparenza, e ben si può dire che non si movesse foglia in Corte senza che ella lo volesse, nessuna volontà essendovi superiore alla sua. L’indole di Maria Teresa aveva qualche cosa di enimmatico, parendo che in lei non prevalessero che la gelosia e la parsimonia. Era gelosa del marito sino alla puerilità; gelosa dell’affetto che il marito aveva per i figli; gelosa delle sue dame e delle sue cameriste, tanto che di cameriste fini per non averne nessuna. Una delle ultime fu donna Emilia Paisler. Un giorno di estate, donna Emilia, dovendo uscire, indossò un vestito nuovo e mise un cappello di paglia, molto grazioso. Il Re, trovandosi a passare, si fermò a guardarla e le disse con familiarità napoletana che quella paglia le stava proprio bene. L’udì la Regina e non aprì bocca; ma da quel momento non chiamò più, ne volle più avere accanto a se la Paisler. Le cameriste e le donne di camera evitavano il Re, per non incorrere nello sdegno della Regina.
Alcuni anni prima aveva fatto di peggio. Una delle cameriste di Maria Cristina, donna Guglielmina de Palma, era divenuta camerista di Maria Teresa, la quale si era affezionata a lei, donnina di molto tatto e di fine intelligenza. Le cameriste non erano donne di camera, ma dame intime di compagnia e dovevano essere signorine o vedove, e appartenere a famiglie borghesi, ma di buon casato. Le vedove si chiamavano, con nome spagnolo, azafatte. La De Palma fu chiesta in moglie nel 1843 da Francesco König, controllore di casa reale e figliuolo del fido corriere di gabinetto di Maria Carolina. Ella ne diè rispettosamente partecipazione alla Regina, e questa ne fu cosi