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malanno per la dinastia. Invano si tentò ripararvi più tardi, quando Filangieri non c’era più, facendo venire soldati bavaresi ed austriaci, prima incorporandoli nei reggimenti indigeni e poi formandone un reggimento a parte, che fu il 13° cacciatori. Quei bavaresi ed austriaci, condotti dai vapori del Lloyd, sbarcavano a Molfetta e io li ricordo bene. Erano bei giovani, pieni di salute, i quali venivano a servire una causa, che non capivano e mormoravano a bassa voce: fife Caripalde.

Gli sdegni della Regina madre e del vecchio partito di Corte per le due sommosse, in quarantacinque giorni, furono, assai aspri. Filangieri era particolarmente preso di mira. Anche il Re ne restò impressionato. Non si ebbe più ritegno a parlare di tradimento, la fatale parola, che doveva accompagnare il breve regno di Francesco II, dal principio alla fine!


Nella famiglia reale e in tutta la Corte, dopo la morte di Ferdinando II, si cominciò a vivere più liberamente. Il conte di Trani, il conte di Caserta e persino il conte di Girgenti dicevano di voler fare, appena finito il lutto stretto, viaggi all’estero, dove non erano stati mai, e di voler abitare ville e quartieri indipendenti: tutte cose che non avrebbero neppur sognate, vivo il padre. Si facevano fotografare in divisa militare, o da cacciatori con relativi cani e carniere, non escluso don Pasqualino, conte di Bari, che aveva sette anni, e distribuivano largamente le loro fotografie. In esse il conte di Trani vestiva la divisa di ufficiale di marina, il conte di Caserta da ufficiale di artiglieria, il conte di Girgenti da ufficiale dei cacciatori, e il conte di Bari da soldato di linea, con l’immenso cappellone peloso e in posizione di presentare le armi. Bei giovanotti, vigorosi e pieni di vita. Il conte di Girgenti aveva piglio più furbo e somigliava tutto suo padre. Del resto i figliuoli di Ferdinando II, comprese le femmine, avevano marcato tipo borbonico, tranne il conte di Trani che somigliava sua madre. Col fratello, divenuto Re, non si mostravano diversi di quel che si erano sempre mostrati con lui, cioè familiarissimi. Francesco non era per essi il Sovrano, ma Lasa. Gli davano del tu, come per lo innanzi e non sempre temperavano il tono di familiarità, piuttosto volgaruccio, al quale erano abituati, del che il Re s’avea un po’ a male. Questi poi in privato li chiamava per nome, ma in pre-