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romano; ma non osava far atto di resistenza, perchè intendeva che in quel momento don Liborio era più forte di lui. Lo subiva, e solo magramente se ne vendicava, motteggiandolo in segreto.


Ma ciò che afflisse veramente Francesco, fu l’evoluzione improvvisa e imprevedibile di Nunziante, di quell’Alessandro Nunziante, che, colmato di onori e di benefizi da Ferdinando II, del quale fu, in dieci anni, l’amico intimo e il consigliere fido, era stato da lui, Francesco, nominato suo aiutante, incaricato d’importanti missioni, come fu l’ultima in Sicilia e consultato in ogni emergenza. Nunziante, Latour, Sangro e, qualche volta, Ferrari, erano, come ho detto, gli strateghi, che il Re consultava a preferenza, e purtroppo aveva ascoltati un anno prima, quando respinse il programma di Filangieri, i consigli di Napoleone e le proposte di Salmour. Il 2 luglio, Nunziante mandò al Re le sue dimissioni da generale; e poichè questi indugiava a rispondere, quindici giorni dopo gli diresse un’altra lettera, insistendo. E avendogli il ministro della guerra partecipato, che il Re gli aveva concesso il ritiro e la facoltà di andare all’estero, Nunziante protestò e volle ad ogni costo le dimissioni, anzi rimandò, teatralmente, i diplomi e le insegne cavalleresche a lui conferite, scrivendo di non poter “più portare sul petto le decorazioni di un governo, il quale confonde gli uomini onesti, retti e leali con quelli, che meritano soltanto disprezzo„. Contemporaneamente sua moglie, donna Teresa Calabritto, duchessa di Mignano, scriveva al Re: “Sire, il posto di dama di Corte non mi appartiene; e però restituisco a V. M. il brevetto di nomina„. Nè contento di questo, Nunziante dirigeva due ordini del giorno ai battaglioni dei cacciatori da lui comandati, e alla divisione mobile, prendendo da loro commiato, e loro inculcando sentimenti patriottici e italiani.

Queste lettere e questi ordini del giorno, che i giornali non mancarono di pubblicare, produssero fortissima impressione in tutto il Regno, anzi in tutta Italia; suscitarono molti e varii commenti e avrebbero, secondo si afferma dal Nisco, determinato il conte di Cavour, al quale il Nunziante partecipò pure le sue dimissioni, con ampie dichiarazioni di sensi unitari, ad agire prontamente e apertamente, per porre la rivoluzione napoletana sotto