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tive„. Altro, più caldo, fu nello stesso giorno pubblicato per l’esercito e per l’armata, e vi era scritto: “Voi entrerete, lealmente, in questa nobile e gloriosa via, e vi unirete al patto Costituzionale, che ci lega in una sola famiglia; voi sarete cani’ pioni di giustizia, di umanità, di disciplina, d’amor di patria, voi la speranza dei vostri concittadini, sarete saldo sostegno del Trono e delle nuove istituzioni e strumento della grandezza e prosperità nazionale„.

Ma il documento, che, in solennità enfatica e in una stranezza singolare di stile, superò tutti gli altri, fu la circolare diretta, sempre il 16 luglio, dal nuovo ministro Pianell, all’esercito. Concludeva così: “Gli uffiziali generali e di qualunque rango, i sottouffiziali e soldati, abbiano perciò in mente, che Re costituzionale, alleanza italiana, autonomia propria, bandiera italiana, ormai ci riuniscono come in una sola famiglia, onde dimostrare che siam tutti mallevadori delle novelle istituzioni, profittevoli all’universale, e segnatamente a quanti sono o s’incamminano nella gloriosa carriera delle armi„ . Il giorno 20 luglio, Gregorio Morelli era sostituito da Antonio Maria Lanzilli, insigne magistrato, e Raffaele Farina veniva nominato prefetto di polizia.


Ma l’uomo onnipotente in quel difficile periodo era don Liborio Romano. Un esempio di popolarità, così generale e indiscussa, non si trova che nei pochi giorni del potere di Masaniello; ma quelli furono giorni, e la potenza di don Liborio durò, incontestata, circa tre mesi. La camorra, divenuta polizia mercè di lui, lo inneggiava senza tregua; la guardia nazionale, forte, il 17 luglio, di seimila uomini e, due giorni dopo, di circa diecimila, lo chiamava il suo papà. Il Re aveva nominato generale di quella milizia il principe d’Ischitella, già ministro della guerra e marina con Ferdinando II, e che aveva il privilegio, unico nel Regno, e assolutamente eccezionale nell’esercito, di portare tutta la barba. Era vecchio e vanitoso, e affermò nelle sue Memorie di essere stato forzato dal Re a prendere quel comando, perchè il paese aveva fede nelle sue opinioni liberali, mentrechè di questo liberalismo nessuno veramente si era mai accorto! Il capo dello stato maggiore fu il duca di Cajaniello; e i primi dodici capi di battaglioni furono il barone Giuseppe Gallotti,