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ra, facendo causa comune con le guardie nazionali di più bassa lega, e con le quali aveva maggiori contatti, insorse violentemente, e il coraggioso ministro per poco non vi lasciò la vita.


La prima nomina di direttore, con decreto del 6 luglio, fu quella di Carlo de Cesare, che contava trentasei anni e aveva fatto il letterato nella sua prima gioventù, e poi, datosi a studii di scienze economiche e sociali, si era acquistato bel nome ed aveva vinto, due anni prima, in pubblico concorso, il premio istituito da Michele Tenore, all’Accademia Pontaniana. Era intimo del Manna, il quale lo volle suo collaboratore nel ministero delle finanze. Durante il decennio, aveva sofferte persecuzioni; era stato imprigionato e confinato; si era aperto contro lui e contro i suoi fratelli e altri egregi cittadini di Spinazzola, un processo di cospirazione per la setta dell’unità d’Italia; era stato attendibile, e la sua persona e la sua casa, al vico Sergente Maggiore, accanto a quella di Ferdinando Mascilli, erano state dalla polizia tenute sempre d’occhio. Liborio Romano scelse per direttore il suo antico amico, Michele Giacchi, avvocato civile di grido, che fu deputato di Campobasso nel 184S e, nei primi anni della reazione, potè sottrarsi ai processi per la protezione del generale Lecca, di cui era avvocato; ma poi fu confinato per qualche anno a Sepino, sua patria, e potè tornare a Napoli per le insistenze dello stesso generale Lecca, cui il Re voleva bene, e chiamava, celiando, il mio fido greco, per la sua origine. Romano aveva alla sua volta sofferte maggiori persecuzioni: era stato prima confinato a Patù, suo borgo nativo, dopo i moti del 1820; prigioniero in Santa Maria Apparente prima e dopo il 1848; esule in Francia per qualche anno, e nel 1859 sottratto dal conte d’Aquila ad una nuova prigionia.

Romano, De Cesare e Giacchi rappresentavano nel ministero una specie di tratto d’unione fra il nuovo governo e i liberali che tornavano dall’esilio, o uscivano dalle prigioni. Si aggiunga che ministro effettivo per l’interno era Giacchi, il quale aveva testa più organica di don Liborio; e ministro delle finanze fu, quasi dal primo giorno, Carlo de Cesare, perchè il Manna, alla metà di luglio, andò a Torino per trattare la lega, e non ne tornò che a Regno finito. Furono anche direttori: Giuseppe Miraglia, alla grazia e giustizia; Michele Capecelatro, alla ma-