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quando fu loro assicurato che il Re, favorevolmente disposto verso di loro, avrebbe riflettuto sulle loro domande, e che intanto ne avessero attese le risoluzioni al campo di Marte.

Gl’insorti si avviarono allora verso Capodichino, tirando colpi di fucile in aria. Bivaccarono sul campo e vi rimasero sino alla mattina. Nella notte, il ministero dispose che i battaglioni di cacciatori, rimasti fedeli, sotto il comando del generale Nunziante, andassero al campo di Marte e imponessero il disarmo ai ribelli. Ma, quando questi videro avvicinarsi i loro compagni armati e con una batteria di cannoni, ritenendo che andassero per massacrarli, ed esasperati perchè non si erano uniti a loro nella rivolta, cominciarono a far fuoco, obbligando così il Nunziante ad ordinare una scarica di fucili e una di mitraglia, per cui s’ebbe a deplorare quella carneficina, che produsse in Napoli incancellabile impressione di spavento e per la quale fu censurato aspramente il Nunziante, che si disse aver agito per troppo zelo verso il Re, dal quale era stato nominato pochi giorni prima aiutante generale, e sua moglie, dama di Corte. Dello zelo inopportuno vi fu, perchè gl’insorti, dopo i primi colpi si sbandarono per le campagne, e il Nunziante continuò, ciononostante, a comandare il fuoco, tanto che, mentre nel 13° battaglione cacciatori non vi farono che due feriti, degli Svizzeri insorti, 20 rimasero morti, 76 furono feriti, 262 fatti prigionieri. Nella notte seguente fu eseguito il trasporto dei morti e dei feriti, argomento di pietà del popolo napoletano. Filangieri affidò al Nunziante quella triste missione, perchè essendo stato egli l’organizzatore dei cacciatori, compresi gli Svizzeri, ne aveva tutta la fiducia.

Così la rivolta fu domata, e il Re, per consiglio di Filangieri, sciolse tutti e quattro quei reggimenti mercenarii. Fino ad oggi erano quasi ignote le vere cause di quella sommossa, che tanto gli zelanti, quanto i liberali di Napoli attribuirono all’opera del Piemonte, e gli emigrati napoletani all’opera dei liberali di Napoli. E poiché nel partito legittimista è sempre radicata l’opinione che vi avesse avuto mano il Piemonte, io ho voluto, con recenti e minuziose indagini, chiarire questo punto del breve regno di Francesco II.

Innanzitutto, bisogna ricordare che le capitolazioni fra il governo di Napoli e il governo svizzero erano scadute fin dal 1866;