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Nella rada di Palermo erano, oltre alla squadra inglese sotto il comando dell’ammiraglio Mundy e formata da tre bastimenti, una squadra francese con tre navi; una squadra austriaca, con due; un legno della flotta sarda, il Governolo, comandato dal marchese d’Aste; una fregata spagnola, una americana e nove legni della flotta napoletana. Vi erano inoltre circa cento legni mercantili, sui quali si erano rifugiate molte famiglie. La flotta napoletana ancorava più prossima alla città, fra le prigioni e il quartiere dei Quattro Venti, e fu da quel punto che bombardò Palermo nei giorni 27 e 28, dirigendo i suoi tiri a palazzo Pretorio, ma così malamente, che molte palle e granate andarono a cadere sulla spianata del Palazzo Reale, dove ammazzarono parecchi soldati sul monastero di Santa Caterina, prossimo al palazzo municipale; e su quello del Cancelliere, dopo i Quattro Canti.
Le squadre estere furono mute spettatrici di quell’eccidio. Delle regie truppe morirono soli quattro ufficiali, 204 fra sottufficiali e soldati, e circa 600 furono i feriti. Fu notata la sproporzione enorme nel numero dei morti e dei feriti tra ufficiali e soldati: circostanza, la quale provocò più tardi da Garibaldi l’arguta osservazione, ch’egli aveva combattuto in Sicilia un esercito senza generali, e sarebbe andato poi a combattere un generale senza soldati, accennando al Lamoricière. Il solo comandante, che dimostrò un certo interesse a far cessare quella carneficina, con manifeste simpatie per gl’insorti, fu l’ammiraglio Mundy. L’occupazione di Palermo giunse a Napoli come un colpo di fulmine; il Giornale Ufficiale tentò attenuarla, dicendo che Garibaldi era entrato a Palermo per disperazione, dopo le sconfitte subite al Parco, a Piana de’ Greci e a Corleone; ma che la colonna, la quale aveva vinto a Corleone, “corse subito a Palermo, e per la porta di Termini, una di quelle per cui il Garibaldi era entrato, forzatala e riconquistatala, entrò in città ed occupò parte delle posizioni due giorni prima prese dalla gente del ridetto Garibaldi, entrato per la porta medesima. Forti perdite hanno a deplorarsi per parte delle Reali truppe, al cui immenso valore ha reso luminoso omaggio lo stesso nemico, ma tali perdite sono di gran lunga minori di quelle patite dalle bande„.
La prima notizia dell’ingresso di Garibaldi a Palermo fu portata in Napoli dall’avviso l’Amalfi, partito da Palermo alle dieci della mattina del 27, mentre infuriava il bombardamento.