Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/242


— 234 —

che con Garibaldi non vuol trattare, e all’alba del 28 son riprese le ostilità, ma meno intensamente. Si conservano le posizioni; il forte di Castellamare fulmina a intervalli, e con esso alcuni legni della squadra e particolarmente la fregata Ercole, comandata dal Flores, che imboccando via Toledo, tira granate, le quali producono più spavento che danno. Gli altri sono occupati ad agevolare lo sbarco dei due battaglioni di carabinieri esteri, mandati da Napoli, al comando del maggiore Migy. Arrivati il giorno innanzi, non erano potuti sbarcare, a causa del combattimento, che ferveva su tutta la linea. La mattina del 28 giunge da Napoli il colonnello Buonopane, sottocapo dello stato maggiore dell’esercito, con medici, chirurgi, impiegati d’ospedali, materassi e medicinali per curare i feriti. Sono i primi aiuti che invia Napoli; gli altri, in maggior quantità, arrivano il di seguente, a bordo del Mongibello. Buonopane rimane nel forte di Castellamare, dove rimangono pure i due battaglioni esteri, che solo la sera del 29, a baionetta calata e per vie recondite, possono arrivare al palazzo Reale. Il comandante Migy consegna al generale Lanza i plichi d’istruzioni, portati dal colonnello Buonopane.

Benchè si combatta da una parte e dall’altra con meno intensità del giorno innanzi, ma con pari tenacia, la fortuna delle armi comincia ad arridere agl’insorti, i quali riescono a impossessarsi dell’ospedale militare, per viltà del comandante e tradimento del cappellano. La truppa coi malati trova rifugio nel forte di Castellamare. Quel magnifico ospedale fu di grande aiuto ai feriti garibaldini e Garibaldi se ne mostrò singolarmente lieto e non disperò più della vittoria finale. Potè riposare poche ore nella notte dal 27 al 28, in una camera del palazzo Pretorio, dopo aver dettato un enfatico ordine del giorno al popolo di Palermo e dopo aver dichiarato sciolto il municipio, e nominato pretore il duca della Verdura e senatori il principe di San Cataldo, il barone Casimiro Lo Piccolo, Federigo Conte, Vincenzo Favara, Salvatore CacCamo, Giovanni Costantino, Gaspare Lojacono, Ercole Fileti, Francesco Ugdulena, Salvatore Cusa, Paolo Amari e Francesco de Cordova.

Questi dodici senatori avevano l’incarico di provvedere al ristabilimento del Decurionato, che Garibaldi chiamò “Consiglio Civico„. Il decreto porta la firma del segretario di Stato, Fran-