Pagina:La fine di un regno (Napoli e Sicilia) II.djvu/239


— 231 —

il nemico dal caratteristico ponte dell'Ammiraglio, sul quale si combatte animosamente da ambo le parti. Il ponte, costruito al tempo di Ruggiero dall’ammiraglio Giorgio Antiocheno, compagno dell’avventuroso normanno, quando l’Oreto era veramente un fiume, è ampio, a schiena d’asino, e con dieci luci, quasi tutte interrate. Oggi è fuori d’uso, essendosi costruito un altro ponte accanto, in piano, ma è benissimo conservato. Di là scende la strada da Misilmeri e da Gibilrossa, ed è detto anche ponte delle Teste, perchè fino al secolo scorso vi si esponevano in una o più gabbiette di ferro, le teste recise dei condannati. A poca distanza vi è il piccolo e sentimentale cimitero dei giustiziati, testimone dello strano culto che la popolazione di Palermo ha per essi, politici o comuni, poco importa, purché morti per mano di uomo, e creduti perciò purificati col sacrificio della vita. Si va su quelle tombe a interrogarli, e si crede averne le risposte. La fantasia popolare vede di notte le anime dei giustiziati vaganti sulle rive dell’ Greto, dove per vecchia tradizione si va a lavare la lana, che deve servire per il letto degli sposi. Giuseppe Pitrè, il più geniale e profondo illustratore delle tradizioni popolari della Sicilia, ha scritto nel volume quarto della sua Biblioteca, uno studio veramente interessante ed emozionante su questo strano culto, dal titolo: Le anime dei corpi decollati (Armi de li corpi decullati).nota

Il generale Landi, che dopo Calatafimi aveva ottenuto un inesplicabile comando a Palermo, è sloggiato dalla Gran Guardia, e ripiega al largo del Palazzo Reale, dove si vanno concentrando altre truppe. Letizia si batte al rione Ballerò, ed ha qualche successo, scacciandone i rivoltosi e bruciando le barricate; Cataldo, che comanda a porta Macqueda e al giardino inglese, attaccato con veemenza, chiede aiuti a Landi, che gli manda due compagnie, ma riesce a sostenersi per poco, e poi ripiega ingloriosamente al palazzo Reale; è richiamato da Monreale in tutta fretta il generale Bonanno con la sua brigata. Alle sei si ordina al forte di Castellamare di cominciare il bombardamento, e a mezzogiorno ai legni da guerra di fare altrettanto. Il forte lancia bombe, e da Palazzo Reale si tira a mitraglia. Palermo 1

  1. Giuseppe Pitrè, Biblioteca delle tradizioni popolari siciliane.