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sattezza della notizia in tutti i suoi particolari: esattezza, alla quale contrasta il fatto che dai registri ufficiali, contenenti i verbali delle sedute del Decurionato, nulla risulta relativamente a pratiche di tal genere; anzi l’ultima seduta del Decurionato ebbe luogo l’8 marzo del 1860, quasi un mese prima dell’insurrezione della Gancia. Vi furono trattati affari amministrativi, e la tornata fu preseduta dal pretore, principe di Galati. V’intervennero i decurioni Lello, Bagnasco, barone Attanasio, D’Anna, barone Vagginelli, Fermaturi, Giovenco, Zerega, marchese Torretta, Gramignani, Lombardo, Bertolini, Martorana, Albengo, Ondes, Del Tignoso, Pasqualino, Arduino, Ardizzone, Bruno, Corvaja, Travali, Scribani, Balsano, Silvestri, Viola e Todaro: ventisette sopra trenta. Io non escludo che possa esservi stata qualche riunione privata di decurioni, ma non ve n’è notizia ufficiale, nè alcuno ricorda il fatto riferito dal Lanza nel suo dispaccio del 22 maggio e registrato nella Cronaca.


Nonostante la forte guarnigione di ventimila uomini, con quaranta pezzi di artiglieria, non compresa la forte colonna mandata ad inseguire Garibaldi nell’interno, Lanza non lasciava di chiedere a Napoli nuovi rinforzi, e il 26, vigilia della Pentecoste, furono mandati a Palermo altri 1200 soldati dei carabinieri esteri. La polizia aveva tolto da alcuni giorni i batacchi alle campane, e la statua caratteristica del vecchio Palermo era stata chiusa nei magazzini dello “Spasimo„. È superfluo ripetere quanto avvenne in quei giorni, e ch’è narrato in numerose pubblicazioni, ma soprattutto con molti particolari dalla Cronaca, la quale di tutte le narrazioni di allora è la più esatta e la più documentata.

L’ingresso di Garibaldi in Palermo, nelle prime ore della domenica 27 maggio, stupì il mondo. Tutta la città insorge; suonano le campane a stormo; “ogni casa, ogni abituro, scrive la Cronaca diviene per gl’insorti una piazza d’armi, per tirare a colpo sicuro sulle regie truppe, mentre queste non possono sparare che contro le mura. Dalle finestre e dai loggiati si fanno cadere sulle truppe stesse, mobili, tavole di marmo e quant’altre masserizie la rabbia rivoluzionaria e il terrore impresso dai capi del movimento, fra gli abitanti può suggerire„. Marra, che comanda gli avamposti a porta di Termini, non riesce a far indietreggiare gli assalitori, che sloggiano