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e inseguito a Corleone, stava imbarcandosi per lasciar la Sicilia. Il Giornale Ufficiale, con una curiosa sicumera, affermava che i garibaldini erano stati sconfitti a Partinico, a Monreale, al Parco, a Piana de’ Greci e a Corleone, e che a Partinico era stato fatto prigioniero il colonnello Bixio, o il figlio stesso di Garibaldi, e presso Monreale, unica verità, ucciso Rosolino Pilo. Vi si leggevano periodi di questo genere: “Siamo lieti nel ripetere che il valore, col quale le reali truppe affrontano dovunque, combattono e mettono in fuga le bande degl’insorti, in qualsivoglia numero si presentino, è superiore ad ogni elogio„. Chi non avrebbe creduto alle parole del foglio ufficiale, quando il generale Nunziante portava a Napoli, come segno di vittoria, due giubbe garibaldine giudicate in Corte non belle, nè brillanti? Tutti concorrevano a rappresentare una parte in questa triste commedia, prodromo della tragedia finale.
Quasi tutti i nobili siciliani, devoti ai Borboni, erano fuggiti a Napoli e circondavano il vecchio principe di Cassaro. Si facevano discorsi sulle cose dell’Isola, variamente congetturando. Non erano quei nobili benevoli a Maniscalco, che pur avevano adulato. Chi asseriva ch’egli coi suoi eccessi aveva provocata la rivoluzione; chi gli dava dell’imprevidente, e chi addirittura del traditore, paragonandolo a Fouchè. Più furioso contro di lui si mostrava sempre il conte d’Aquila. Al Re mancava ogni precisione di concetto; il suo verbo favorito era sperare; suo padre aveva accumulato un capitale di odii in Sicilia, ed egli era chiamato a portarne la responsabilità e non se ne rendeva conto, anzi sperava!
Il principe di Castelcicala aveva la coscienza di aver fatto il suo dovere, nè si acquetò alle accuse che gli furono rivolte, quando uscendo dal campo del vago, presero forma concreta e precisa in quella Cronaca degli avvenimenti di Sicilia, la quale venne fuori nel 1863, e ch’è una raccolta di documenti autentici circa le cose di quel tempo: libro divenuto oggi rarissimo. L’autenticità di quei documenti mi è occorso più volte di controllare, scrivendo questi volumi. Il Castelcicala riversava, invece, la responsabilità della giornata di Calatafimi da una parte sul tradimento del generale Landi e dall’altra sul mancato aiuto di quei due battaglioni, ch’egli aveva chiesto antecedentemente e ch’era sicuro